Invecchiamento fisiologico e invecchiamento patologico

L’invecchiamento fisiologico nella popolazione è aumentato, dai primi anni del ‘900 ad oggi, in conseguenza della crescita dell’aspettativa di sopravvivenza, grazie al miglioramento generale nelle condizioni di vita. Ciò significa che le tematiche legate alla terza età oggi interessano un ampio numero di persone.

invecchiamento fisiologico e invecchiamento patologico

È diventato, quindi, estremamente importante approfondire la ricerca e la clinica al fine di comprendere cosa favorisce un invecchiamento “di successo” e come è possibile mantenere il più a lungo possibile attività e funzioni fondamentali alla persona per vivere in autonomia.

Noi del Centro Psicologia Monterotondo abbracciamo la visione secondo la quale lo sviluppo della persona continua lungo tutto l’arco di vita: dall’infanzia, all’adolescenza, all’età adulta, all’età anziana. Ogni fase porta in sé un passaggio di crescita fondamentale per uno sviluppo pieno e sano dell’individuo.

Le ultime ricerche sul benessere psicologico riportano che le persone più adulte esprimono un maggior grado di soddisfazione personale e di benessere psichico rispetto alle persone più giovani. Questo potrebbe sembrare un dato paradossale, eppure ci permette di comprendere che, anche in età avanzata, ciascuno può avere un ruolo attivo nella costruzione del proprio benessere.

Un buon invecchiamento fisiologico è possibile

Quali sono i fattori che favoriscono una migliore qualità di vita e salute in età avanzata? Tutti i dati più recenti convergono su alcune concause principali che possono favorire un buon invecchiamento fisiologico. Queste comprendono comportamenti e stili di vita, fattori psicologici e sociali. Tra i più rilevanti, legati allo stile di vita, possiamo citare:

  • una dieta bilanciata

  • esercizio fisico costante, con effetto positivo anche sull’umore

  • ore di sonno adeguate (7-8)

  • l’astensione dal fumo

  • un consumo moderato di alcool

  • attività di prevenzione regolare.

Per quanto riguarda i fattori psicologici e sociali, tra i più influenti abbiamo:

  • avere un atteggiamento positivo nei confronti della vita e dell’invecchiamento stesso

  • concedersi tempo dedicato agli hobby e ai divertimenti

  • mantenere relazioni sociali

  • avere un ruolo attivo nella società e nella propria comunità.

Quindi, dare attenzione al nostro stile di vita fin da giovani, tanto per le abitudini comportamentali, quanto per l’aspetto psicologico e sociale, ci permette di costruire potenzialità e risorse alle quali poter attingere nella terza età.

L’invecchiamento fisiologico comporta inevitabilmente dei cambiamenti fisici esterni e interni, cambiamenti a livello sensoriale, un declino più o meno marcato di diverse funzioni neuropsicologiche tra cui la memoria, il linguaggio e l’attenzione. Tali modificazioni possono essere a volte minime e molto lente, altre volte più profonde e progressive.

Come fronteggiare in modo attivo i cambiamenti propri della terza età?

Di fronte a queste modificazioni, come esseri umani lo strumento più potente che abbiamo a disposizione è la nostra capacità di adattamento. Saper modificare in modo flessibile i nostri obiettivi in base ai cambiamenti delle risorse a nostra disposizione. Questa è una qualità estremamente utile in tutto l’arco della vita, ma diventa fondamentale nella terza età, quando possono ridursi sia le potenzialità interne che la capacità di accedere alle risorse esterne.

Per quanto riguarda queste ultime, è utile ad esempio modificare il contesto ambientale in cui l’anziano vive, in modo da renderlo più funzionale alle sue capacità fisiche e cognitive, o anche utilizzare semplici accorgimenti per minimizzare o compensare il declino cognitivo (dallo scrivere dei promemoria ad utilizzare telefoni o tablet per ricordarsi appuntamenti).

Da un punto di vista psicologico è importante che anche nella terza età ci sia una progettualità, ossia la ricerca di uno o più obiettivi che diano direzione e senso alla propria vita. In genere chi invecchia in modo sano e felice tende a selezionare un minor numero di obiettivi, ma solitamente questi sono più importanti e significativi per la persona.

Inoltre la sfera emotiva e affettiva nella terza età è quella che subisce meno l’effetto dell’invecchiamento fisiologico, per cui rimane una grossa risorsa a disposizione. Questo permette anche di potenziare la sfera familiare e sociale come spazio di condivisione di esperienze, emozioni e sentimenti.

Accanto all’invecchiamento fisiologico, tuttavia non possiamo non considerare che in alcuni casi l’invecchiamento diventa patologico. Ciò accade quando il declino delle funzioni neuropsicologiche è marcato e tale da compromettere il buon funzionamento psicologico e sociale della persona, come nei casi delle Demenza.

L’invecchiamento patologico

Negli ultimi anni il tema è al centro dell’attenzione a livello mondiale poiché, con l’innalzamento dell’età della popolazione, si assiste a un aumento dei casi di Demenza. Le Demenze degenerative primarie sono malattie devastanti del sistema nervoso centrale, in cui la personalità e l’identità della persona vengono progressivamente distrutte.

Secondo il Rapporto OMS e ADI (Alzheimers Disease International) del 2016 la Demenza, nelle sue diversificate forme, è stata definita “una priorità mondiale di salute pubblica”. Le stime più recenti a livello internazionale indicano che nel mondo vi sono circa 35,6 milioni di persone affette da Demenza, con 7,7 milioni di nuovi casi ogni anno e un nuovo caso di Demenza diagnosticato ogni 4 secondi.

Secondo i dati dell’Osservatorio Demenze dell’Itituto Superiore di Sanità (studio di giugno 2019) in Italia un milione di persone sono affette da Demenza, 600mila sono colpite da Alzheimer e circa 3 milioni sono le persone direttamente o indirettamente coinvolte nell’assistenza dei loro cari. La Malattia di Alzheimer rappresenta la più frequente patologia neuro-degenerativa, insieme ad altre forme di Demenza come Demenza vascolare, fronto-temporale, a corpi di Lewy, ecc…

La Demenza di Alzheimer si manifesta in una fase iniziale con lievi problemi di memoria; nel corso della malattia questi e altri deficit cognitivi si intensificano e possono portare il paziente non solo al grave disorientamento nel tempo, nello spazio e verso le persone, ma anche a disinteressarsi della propria sicurezza personale, dell’igiene e della nutrizione, sino alla totale perdita della propria autonomia e alla completa dipendenza dai familiari o altri caregiver (colui che si prende cura del malato).

Demenza senile, come comportarsi

La prevalenza della malattia aumenta con l’età e raggiunge il 15-20% nei soggetti di oltre 80 anni. La sopravvivenza media dopo la diagnosi è oramai di oltre 10 anni. Ad oggi non esiste una cura efficace per la Demenza, che modifichi la malattia e ne inverta il decorso, sebbene le attuali terapie farmacologiche siano efficaci nel rallentare la progressione di malattia.

Negli ultimi anni l’approccio più frequente di cura è un intervento farmacologico precocissimo sulle prime fasi della malattia (in cui i sintomi sono minimi) unito a terapie non farmacologiche. Queste comprendono approcci cognitivi quali la Terapia di Stimolazione Cognitiva (CST) abbinata con altri interventi psicosociali, come la terapia occupazionale, la musicoterapia, la stimolazione multisensoriale, terapia della bambola, terapia del treno, l’esercizio fisico.

La Stimolazione Cognitiva è un trattamento specifico per soggetti che presentano una demenza lieve-moderata. Usa tecniche e interventi mirati e differenziati. L’obiettivo è massimizzare le funzioni residue dell’individuo con l’utilizzo di tutte le risorse interne ed esterne disponibili per mantenere il più possibile l’autonomia.

La terapia di ri-orientamento alla realtà (ROT) è stata la prima terapia cognitiva in grado di produrre buoni risultati, di rafforzare le informazioni di base del paziente a livello spazio-temporale e della sua storia personale e ridurre la tendenza all’isolamento.

La Terapia di Stimolazione Cognitiva (CST)

La Terapia di Stimolazione Cognitiva è un intervento globale: parte da un orientamento alla realtà è capace di stimolare il funzionamento cognitivo e socio-relazionale. Il trattamento pone al centro l’individuo piuttosto che la Demenza. È una terapia psicosociale diffusa a livello mondiale, comprovata a livello scientifico. Può rallentare il decorso della malattia puntando all’autonomia della persona.

Gli obiettivi terapeutici nello specifico sono:

  • raggiungere il miglior livello funzionale possibile
  • rallentare il decadimento cognitivo
  • contrastare la tendenza all’isolamento nel contesto familiare e sociale
  • contenere i disturbi comportamentali
  • ridurre lo stress assistenziale
  • ritardare l’istituzionalizzazione.

La CST è un’attività altamente strutturata, da non confondere con qualsiasi tipo di proposta ludico-ricreativa e può essere condotta individualmente o in piccoli gruppi. Ogni sessione segue la stessa struttura sebbene il tema cambi di volta in volta, permettendo alla persona di acquisire un orientamento implicito. La stimolazione delle abilità cognitive avviene attraverso attività non frustranti e adattate alle capacità della persona o del gruppo, ad esempio:

  • esercizi con le parole per stimolare le abilità di denominazione e di comprensione
  • giochi con i numeri
  • esercizi sulla conoscenza e uso degli oggetti
  • giochi fisici
  • orientamento sulla base di indizi esterni
  • utilizzo del denaro
  • stimolazione sensoriale
  • attività con la musica e suoni
  • attività sull’infanzia.

L’Operatore di Stimolazione Cognitiva della persona con Demenza

L’Operatore di Stimolazione Cognitiva è un professionista (Psicologo, Neurologo, Geriatra o comunque ogni Operatore coinvolto nell’assistenza a tale patologia), adeguatamente formato. Egli è in grado di disporre delle tecniche di stimolazione cognitiva e di attuare l’intervento più efficace per il benessere del suo assistito. Nello specifico

  • conosce e sa somministrare le principali batterie di screening del funzionamento cognitivo per la Demenza
  • è in grado di effettuare una valida diagnosi differenziale tra i diversi disturbi
  • conosce e sa applicare le principali tecniche di stimolazione cognitiva (ROT; CST individuale e di gruppo).

Presso il Centro Psicologia Monterotondo operano esperti in grado di valutare, attraverso test specifici, le funzioni cognitive e i sintomi non cognitivi. L’obiettivo è quello di fornire una valutazione dello stato funzionale completo della persona con Demenza. I nostri specialisti, dopo un attento screening, programmano il trattamento più adeguato per la persona in esame. Anche alla famiglia del malato con Demenza e alle persone che lo assistono è offerto aiuto e strumenti che supportino gli interventi domiciliari.

Sabato 21 marzo dedicheremo un seminario gratuito al tema Conoscere e Prevenire Le Demenze. La partecipazione è libera ma è necessario prenotarsi inviando una mail a info@centropsicologiamonterotondo.com oppure chiamando il numero 366/1730510. 

Separazione e figli: la consulenza tecnica d’ufficio nell’affidamento del minore

separazione e figliSeparazione e figli, una circostanza tanto frequente quanto delicata. In situazioni di non-convivenza dei genitori, l’affidamento dei figli definisce come ripartire ed esercitare la responsabilità genitoriale sui figli minorenni.

Il punto fermo in caso di separazione/divorzio è che il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore. Ha il diritto di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi. Ha il diritto di conservare i rapporti significativi con i propri parenti di ciascun ramo genitoriale.

Un affidamento dei figli che preservi i rapporti

È utile precisare che “bigenitorialità” non significa trascorrere uguale tempo con entrambi i genitori. Bigenitorialità significa partecipazione attiva da parte di entrambi i genitori nel progetto educativo, di crescita, di assistenza della prole, in modo da creare un rapporto equilibrato che in nessun modo risenta dell’evento della separazione.

In caso di situazioni pregiudizievoli, o quando manca l’accordo trai genitori, l’affidamento dei figli dovrà essere deciso dal giudice. L’affidamento condiviso è considerato la regola, mentre l’affidamento esclusivo alla madre o al padre richiede una motivazione specifica nel provvedimento giurisdizionale.

Ma quando una separazione può definirsi rischiosa? Nel caso in cui, ad esempio, un genitore non accetti e non tolleri la fine del rapporto di coppia, per complesse dinamiche personologiche disfunzionali. Oppure in situazioni di elevata incomunicabilità e clima relazionale altamente conflittuale. Tali condizioni, infatti, non possono assicurare una serena ed equilibrata crescita ai minori coinvolti.

Separazione e figli: quando serve una consulenza

La separazione conflittuale quindi rappresenta un fattore di rischio sia per la salute psicofisica dei minori sia per la qualità stessa delle relazioni familiari. La consulenza diventa così uno spazio per individuare le soluzioni più idonee alla risoluzione del conflitto. Tra gli obiettivi principali, oltre che rispondere ai quesiti posti dal Magistrato, c’è quello di “insegnare” ai genitori la possibilità di una diversa lettura della situazione conflittuale in atto, stimolando una loro collaborazione, al momento compromessa.

Durante i colloqui individuali spesso infatti i dati anamnestici forniti da entrambi per lo più sono coincidenti. Eppure risultano divergenti per una diversa lettura degli stessi che viene fatta dalle parti. E nel percorso della consulenza spesso non emerge un divieto ostativo di un genitore in favore dell’altro, ma piuttosto l’esacerbazione di un conflitto con messa in atto di squalifiche del ruolo dell’altro, o tra le parti.

Gli psicologi del Centro Psicologia Monterotondo, forti della propria esperienza di supporto psicologico e di consulenza tecnica in queste situazioni, cercheranno di portare chiarezza sul tema nel Seminario gratuito di sabato 1° febbraio 2020. L’incontro avrà luogo presso la sede del Centro Psicologia Monterotondo in via G. Mameli, 23. Come sempre la partecipazione è GRATUITA ma è necessario prenotarsi alla mail info@psicologiamonterotondo.com o al numero 366-1730510.

Violenza nella coppia e dinamiche di potere nelle relazioni LGBTQI+

Violenza nella coppia LGBT | Centro Psicologia Monterotondo

Sul tema della violenza nella coppia all’interno delle coppie LGBTQI, nella letteratura scientifica degli ultimi vent’anni esistono studi lacunosi e parziali.

Anzitutto, occorre distinguere due concetti spesso correlati ma indipendenti:

la Intimate Private Violence identifica la violenza nella coppia, dalla violenza verbale e psicologica, ai maltrattamenti fino ad arrivare alle percosse.

La Intimate Partner Sexual Violence indica invece l’abuso sessuale che si verifica all’interno di una coppia.

Studi su violenza nella coppia e abusi

I dati della letteratura scientifica statunitense coprono circa un ventennio di ricerche fino al 2015. Se consideriamo chi ha subito nella vita almeno un episodio di violenza domestica o di abuso sessuale, nella popolazione LGBT la prevalenza è maggiore che nella popolazione eterosessuale ed è originata sia da uomini sia da donne.

In Italia, la ricerca in merito è quasi inesistente. Soltanto nel 2011, ArciLesbica Roma e D.i.Re. (Donne in rete contro la violenza) hanno condotto una piccola ma significativa ricerca su 102 donne omosessuali nella Regione Lazio, intitolata “La violenza ha mille volti, anche arcobaleno”.

Dalla ricerca è emerso che una donna su cinque ha ammesso di avere paura del ritorno a casa della propria partner. Al campione è stato chiesto come si comporterebbe in caso di violenza domestica. Il 70,6% ha dichiarato che si rivolgerebbe ad amici o associazioni; il 29,4% non ha saputo indicare a chi chiederebbe aiuto. E’ emerso inoltre un dato allarmante: 27 donne su 102 hanno dichiarato che non chiederebbero aiuto in caso di violenza, per riservatezza o disagio.

Allo stato attuale, molte realtà associative che si occupano di violenza sulle donne non solo non riportano dati sulla violenza same-sex, ma quasi sempre non accennano al fenomeno.

Caratteristiche del fenomeno e luoghi comuni inesatti

Il fenomeno della violenza nelle coppie LGBTQI+ assume caratteristiche specifiche che forniscono spunti ulteriori su alcuni meccanismi della violenza domestica che operano anche nelle coppie eterosessuali.

Anzitutto, bisogna partire dal presupposto che la violenza domestica nelle coppie LGBT avviene sempre nel contesto dell’omofobia interiorizzata. Si tratta del fenomeno per cui una persona LGBT attiva contro se stesso atteggiamenti omofobi, arrivando a vivere sentimenti di inadeguatezza, colpa e vergogna. Violenza domestica e omofobia interiorizzata si potenziano a vicenda, alimentando il senso di colpa e la vergogna, che ostacolano il ricorso alla denuncia.

Sono presenti dei falsi miti circa questa realtà (Brown e Chan) ovvero:

  • solo le donne possono essere vittime e solo gli uomini possono essere aggressori;

  • il maltrattamento tra partner dello stesso sesso biologico non è grave tanto quanto quello di un uomo su una donna;

  • le donne non sono violente;

  • la violenza nelle relazioni omosessuali è reciproca;

  • quando una coppia omosessuale litiga, non è mai violenza, ma si tratta di bisticci d’amore;

  • l’autore dell’aggressione è sempre il partner più mascolino, mentre la vittima è sempre il partner più femminilizzato.

La violenza domestica all’interno delle coppie lesbiche assume specificità che mostrano quanto il problema della violenza nella coppia non sia tanto legato al sesso biologico dell’aggressore, quando alle dinamiche di potere operanti nella relazione.

Giochi di potere all’origine della violenza nella coppia

Spesso la violenza si manifesta sotto forma di attacchi all’identità di genere o all’orientamento (non sei una vera lesbica se …”): la vittima viene minata nel suo senso di identità e i suoi vissuti di omofobia interiorizzata vengono potenziati.

Altre volte, la violenza si esercita sotto forma di minaccia di outing, ovvero di rivelare l’orientamento sessuale della partner o del partner ai familiari, ai colleghi, agli amici, potenziando la paura che questi possa mettere in atto comportamenti di rifiuto aggressivo o di abbandono.

Al contrario, la violenza può esercitarsi sotto forma di invisibilizzazione della relazione, cioè costringere la partner a mantenere un comportamento pubblico che neghi la relazione di coppia, talvolta fino al punto di vietare di “lasciare traccia” della propria presenza persino nella casa coniugale.

La letteratura riporta anche una pericolosa identificazione tra partner nel caso della violenza domestica nelle coppie lesbiche. Nello specifico, spesso si verificano ricatti emotivi nella veste di minacce di autolesionismo. Oppure meccanismi manipolatori di autovittimizzazione (“tu mi dovresti capire”) per cui la vittima viene indotta a pensare di non essere empatica se pensa di denunciare il proprio aggressore.

Merita un ultimo riferimento il fatto che il contesto di omofobia sociale e interiorizzata in cui vivono le coppie LGBT spesso ostacola la denuncia, per tre fattori: la denuncia obbliga al disvelamento del proprio orientamento sessuale; si accompagna spesso a una scarsa fiducia delle persone LGBT verso le forze dell’ordine; in Italia, allo stato attuale, manca una assistenza specificamente formata.

Questa carenza è nota alle persone LGBT che quindi, prima di denunciare, spesso costruiscono la fantasia di un contesto poco accogliente, poco in grado di capire il fenomeno e potenzialmente omofobo.

Ph Felipe Balduino, Pexels

Costellazioni Familiari: dalla comprensione alla rigenerazione

Costellazioni Familiari Centro Psicologia Monterotondo

Ciascuno di noi fa parte di una famiglia con cui vive e a cui è legato, che lo voglia o meno. Spesso continuiamo a ripetere conflitti e malesseri nelle nostre esperienze, oppure portiamo sulle spalle pesi che non ci appartengono. O anche, viviamo a nostra insaputa il tragico destino di un familiare, scomparso da tanto tempo e mai conosciuto. Tutte queste dinamiche ci legano in modo negativo alla famiglia, impedendoci di guardare in avanti con forza gioiosa e di avere successo nella nostra vita.  (Bert Hellinger)

Scoperte che ci mettono in moto

Le costellazioni familiari sono un potente metodo per riconoscere gli intrecci e i collegamenti presenti nella propria famiglia di origine o nella propria famiglia attuale. Serve a orientarsi verso una soluzione per giungere a una profonda e definitiva comprensione della nostra storia familiare. Si ricontattano radici profonde spesso dimenticate, omesse o rifiutate che condizionano i nostri comportamenti, reazioni, eccetera.

Ci muoviamo verso l’accoglimento di quello che si è ricevuto in quanto figli: per come è, senza giudizio, ancoraggi al passato e rivendicazioni; e per come può essere, ovvero un dono elargito esclusivamente in base a ciò che i nostri antenati e genitori hanno ricevuto. Si riceve nel bene e nel male. Infatti molte volte tale sistema ci conduce all’accettazione e alla gratitudine esclusivamente per il fatto di essere al mondo e di aver ricevuto in dono la Vita. Solo la comprensione può consentire all’amore di fluire nuovamente mettendo finalmente in collegamento i membri del proprio sistema familiare.

I presupposti teorici delle Costellazioni Familiari

Il metodo delle Costellazioni fu sviluppato per la prima volta dal terapeuta tedesco Bert Hellinger. Egli vide chiaramente come l’individuo fosse parte di un insieme più grande, il sistema familiare o albero genealogico. L’individuo poteva essere accompagnato a vedere come i suoi comportamenti, sentimenti e atteggiamenti individuali dovessero essere compresi nel contesto di questo gruppo più ampio.

Esistono in ogni sistema familiare leggi inconsce che operano inconsapevolmente, che Hellinger sistematizza in tre grandi ordini: Appartenenza, Equilibrio e Ordine. La sofferenza di solito sorge quando un membro della famiglia viola inconsapevolmente queste leggi arcaiche. Si evidenziano, pertanto, dei blocchi, degli “irretimenti” che producono uno stallo del sistema. Il sistema non può evolvere se non riproducendo un meccanismo, vecchio, automatico, che agisce senza troppa consapevolezza. Ci si allora trova in uno stato di “presunta impossibilità”. Ci sentiamo tirati verso il basso, con un calo di energie, creative, fisiche; un blocco che si manifesta nei diversi contesti dell’agire quotidiano, famiglia, coppia, lavoro, amicizie.

Lo svolgimento pratico di una sessione di Costellazioni Familiari

Il mettere in evidenza queste violazioni è la finalità delle costellazioni familiari. Chi mette in scena la sua costellazione usa il gruppo per evidenziare le violazioni. Il costellante sceglie tra i partecipanti del gruppo delle persone che rivestano il ruolo di rappresentanti della propria famiglia. Li posiziona nella stanza in relazione tra loro in base al suo sentire del momento. In questo modo si crea un modello vivente del sistema familiare.

I rappresentanti sono liberi di muoversi e di dire quello che sentono essendo entranti in sincronicità con chi stanno rappresentando. Questo accade perché esiste un potente campo energetico che guida i movimenti dei rappresentanti e consente loro di avere accesso a tutte le informazioni essenziali del campo sistemico. Le costellazioni sono solitamente svolte con un gruppo di persone, in cui i membri del gruppo svolgono il ruolo di rappresentanti. Tuttavia, il metodo funziona anche in sessioni individuali in cui è possibile attraverso la lettura del proprio albero genealogico avere consapevolezza dei blocchi e dei cortocircuiti del proprio sistema.

Dalla comprensione alla rigenerazione: una chiarezza che ci “cura”

Questo lavoro scopre in modo reale qualsiasi dinamismo familiare distruttivo che potrebbe essere inconsciamente presente. Bisogna però ribadire qualcosa di fondamentale. Le costellazioni familiari non si limitano solamente a sciogliere quegli intrecci familiari bloccanti e depotenzianti per la persona, ma principalmente attivano potenti movimenti di rigenerazione e scoperta.

Finalmente si può trovare un nuovo equilibrio più naturale e salutare per l’intero sistema , in cui l’amore tra i suoi membri può fluire di nuovo e in modo più consapevole. Promuovendo il sostegno e la facilitazione piuttosto che l’impossibilità o il pericolo. Cosa fa in tutto questo il costellatore? Il costellatore ci fa capire le leggi collettive inconsce che operano all’interno di un sistema familiare. Ci aiuta a sintonizzarci con leggi superiori che ci portano oltre la famiglia personale e individuale, e ci mette in contatto con un’altra dimensione, in cui tutti noi siamo una cosa sola. Questo ha un immediato effetto curativo non solo su di noi, ma su tutti quelli che ci sono vicini. Capire ci permette di rigenerarci.

Accendete i motori: … ADOLESCENZA in arrivo!!

AdolescenzaMamma e papà, siete pronti??? …accendete i motori: l’adolescenza è arrivata!!!

Se leggessimo sul dizionario il significato di “adolescenza” troveremmo: “Fase della crescita dell’essere umano collocabile tra i 12-14 e i 18-20 anni, caratterizzata da una serie di modificazioni fisiche e psicologiche che introducono all’età adulta”.

A quanti genitori tale definizione piace e, soprattutto, chiarisce effettivamente cosa sta “accadendo” al proprio figlio, come ci si deve relazionare, cosa ci si deve aspettare, come possono intervenire?

Adolescenza e cambiamenti

La vita sui testi, spesso, è altro rispetto alla quotidianità che fluisce all’interno delle quattro mura. Qui sguardi, parole, gesti, comportamenti e atteggiamenti costruiscono, dal primo momento, quella fitta relazione che in qualche modo legherà per sempre gli appartenenti al nucleo familiare.

Quando un bimbo arriva in famiglia, mamma e papà investono energie, tempo e spazi. La coppia diventa improvvisamente “coppia genitoriale e la storia familiare si arricchisce della presenza di una terza generazione. Si innesca un’evoluzione personale e si crea un momento particolare della vita di coppia. Il bambino cresce, racconta, descrive, riporta eventi e rende partecipi anche dei più piccoli dettagli i genitori disponibili.

Ma poi, eccoci, arrivano i 12/13 anni, mamma e papà assistono all’inesorabile trasformazione del loro figlio sia da un punto di vista fisico che psicologico. Cambia il peso, la corporatura, l’altezza e il timbro di voce. Il corpo è sconvolto da una vera e propria tempesta ormonale, e si raggiunge la fertilità. I ragazzi devono fare i conti con i “brufoli”, i tratti somatici si modificano. Iniziano ad accennarsi i caratteri sessuali secondari: crescita di peli e barba nell’uomo, mentre nella donna i fianchi si allargano e si sviluppa il seno. Maturano anche gli organi sessuali esterni ed interni, nelle ragazze vi è una “scoperta” importante ovvero il menarca. A livello sociale si accentuano le modificazioni di genere tra sesso maschile e femminile.

Distanza e contrasti

Tutto è sottoposto a una grande rivoluzione: il cervello, il corpo, le sensazioni, le idee e curiosità. Questi enormi cambiamenti si sono verificati anche in altri momenti della vita: quando si è appena nati e attorno ai cinque-sei anni. Il cervello si ristruttura, “si cambia carattere” e si acquisiscono nuove capacità: potere decisionale, capacità di pianificare, motivazione all’agire, nuovi valori e nuove capacità di relazionarsi con le altre persone.

Ed ecco il divario che piano piano si fa largo tra mamma, papà e Adolescente. Diari segreti, messaggi cancellati, telefonini criptati da password “segrete”, cronologie internet eliminate, conversazioni whatsapp che sarebbero in grado in mandare in tilt i più sofisticati pc della Nasa. Una dura lotta per contrattare le ore in cui si può utilizzare la play, xbox, il cellulare, in cui si può rientrare a casa o con chi si può o non può uscire. Si negozia su tutto, i genitori più creativi inventano escamotage per nascondere la pass del wifi, o per far finire i compiti o chissà per quale altro sano motivo.

Se durante l’infanzia si bramava un momento di silenzio in casa, magari dopo una lunga giornata di lavoro, in questa fase si rimpiange quando il proprio figlio raccontava a cascata fatti ed eventi verificatesi. I dialoghi sono sempre più rari e soprattutto ridotti a pochi monosillabi che l’adolescente “regala” ai genitori i quali provano sempre più emozioni forti e assolutamente contrastanti. Paura, gioia, smarrimento, rabbia e chissà quale altra emozione attanaglia il genitore consapevole di un ribelle!

La parola ai genitori!

Ma per non rimanere fermi nella retorica che possiamo rintracciare in numerosissime pagine stampate, noi psicologi del Centro Psicologia Monterotondo abbiamo coinvolto la mamma di un ragazzo che si affaccia ora alla fase tanta temuta. Riportiamo fedelmente quanto ci ha confidato:

“L’adolescenza di un figlio, per un genitore, è paragonabile all’attraversamento quotidiano di un “campo minato” dove, se disgraziatamente metti un piede in fallo…..scoppia la bomba! E tale bomba può “deflagrare” anche più volte al giorno con effetti devastanti sull’equilibrio psichico dei poveri genitori! Quella che prima era una “passeggiata tranquilla” si trasforma, in questa fase, in un campo di battaglia. Il motivo del contendere può essere semplicemente…..ogni cosa! Faccio degli esempi “amore, per favore, mi prendi lo zucchero?” risposta del figlio adolescente “e perché proprio io? Non può prenderlo mia sorella? Puoi prendertelo da sola? Non puoi fare senza?” tutto questo ovviamente mentre è sdraiato sul divano la 12° ora di musica dal cellulare!

Altro esempio:”tesoro cosa hai fatto a scuola?” risposta dell’adolescente “niente, lo sai che non si fa niente. E poi lo sai che la prof ……..”. ogni occasione è buona, anzi ottima, per protestare, lagnarsi, polemizzare, indignarsi. Ecco… la sintesi dell’adolescenza secondo me è “polemica a priori!”. Se lo ignori non va bene perché dice “a mà! Non mi ascolti, poi non dire che non ti parlo”, se lo solleciti “a mà, mi stressi”, se cerchi di dare un suggerimento “a mà, la vita è la mia devo fare io!”, se lo coccoli “a mà, scollate!”, se non lo coccoli “non mi vuoi più bene”. L’adolescenza dei figli è, in sintesi, la tensione continua e costante a mettere in crisi i genitori e le loro poche certezze. E chi, come me, qualche anno fa vedendo gli altri figli in “opposizione da adolescenza” ha pensato che a lei/lui non potesse accadere …. Ah ah ah ah…..succederà, succederà! Abbiate fede, succederà!!!”

Per saperne di più

La mamma che gentilmente si è prestata alle nostre domande, delinea un quadro esaustivo, veritiero e quanto mai ricco di ciò che accade in una famiglia quando un teenager conduce il primo vagone del trenino sulle montagne russe. Cellulari, sbalzi d’umore, rabbia, voglia di indipendenza, voglia di rimanere piccolo, confusione e chi più ne ha più ne metta!

Con questo spunto congiunto ad una riflessione che da tempo abbiamo fatto in equipe, il Centro Psicologia Monterotondo invita, a un evento dedicato all’adolescenza, tutti coloro che vogliono condividere, sbirciare da vicino, saperne di più, provare sulla propria pelle il colorato, vorticoso, esaltante mondo dell’adolescente che corre a perdifiato verso l’età adulta. Il seminario del 13 Aprile 2019 sarà condotto da due psicologi psicoterapeuti e dalla psichiatra del Centro Psicologia Monterotondo e si articolerà in più momenti che avranno come filo conduttore l’universo adolescenziale, le dipendenze dai video giochi e alcuni delle maggiori patologie.

Un disturbo diffuso: l’attacco di panico

Un attacco di panico è un episodio in cui un soggetto esperisce un’intensa paura, accompagnata da sensazioni corporee e mentali spiacevoli, difficoltà di ragionamento e un senso di catastrofe imminente. La paura di morire, di perdere conoscenza, di comportarsi in modo strano e/o urlare, di perdere il controllo o di impazzire sono comuni nei soggetti cui viene diagnosticato il disturbo attacco di panico (DAP).

Quando può verificarsi un attacco di panico

Il Disturbo di Panico è una patologia molto discussa e comune, che abbiamo già affrontato in modo approfondito in un articolo del maggio scorso. Viene diagnosticato con una frequenza doppia nelle donne rispetto agli uomini (Apa, 2013) ma i sintomi sono simili nei due sessi.

Il primo attacco di panico si verifica tra l’adolescenza ed i 30/35 anni, spesso in coincidenza con un periodo di forte stress o di situazioni quali: a) instabilità della famiglia originaria che determina insicurezza sotto forma di sensazione di non essere in grado di affrontare i pericoli della vita; b) eventi incentrati sulla separazione come il divorzio, l’allontanamento dalla famiglia per ragioni di lavoro o altro; c) fattori stressanti esterni: malattia o morte di una persona cara, una malattia, problemi relazionali, problemi finanziari, perdita o pressioni sul lavoro, eventi imprevedibili, ecc.; d) fattori stressanti interni cioè il nostro modo di pensare, di gestire un problema, ecc.; e) familiarità: studi dimostrano che se l’età di esordio del disturbo di panico è inferiore ai 20 anni, i parenti di primo grado hanno una probabilità venti volte maggiore di sviluppare lo stesso disturbo.

Come può manifestarsi un attacco di panico

Intensità e frequenza dell’attacco di panico sono variabili. Ad esempio possono avere luogo una volta a settimana manifestandosi regolarmente per mesi, o possono essere più brevi ma comparire tutti i giorni; ancora, possono trascorrere lunghi periodi senza attacchi o con episodi meno frequenti. Le crisi di panico improvvise durano tendenzialmente tra i 10 ed i 20 minuti dove l’individuo prova angoscia e, subito dopo, può provare debolezza rimanendo in uno stato di ansia.

Spesso, al verificarsi del secondo episodio, il soggetto inizia a temere che si verificheranno altri episodi divenendo ansioso e apprensivo e sviluppando un modello di comportamento evitante. Il soggetto tende ad evitare le situazioni in cui potrebbe presentarsi un attacco ed in cui è difficile attuare una fuga. Ogni nuovo episodio di panico incrementa la lista di un altro ambiente pericoloso e, in casi estremi, la persona finisce con il chiudersi in casa.

La persona può esperire stati di ansia anticipatoria che, come è noto, facilita l’insorgenza del panico. I soggetti che hanno crisi di panico sono bisognosi di una presenza rassicurante, di una persona fidata che intervenga qualora ne avessero bisogno. Va evidenziata l’importanza dei fattori relazionali sul mantenimento del disturbo: la coppia di un paziente con disturbo di panico si riduce talvolta a una relazione in cui il disturbo dell’uno è strumentale alla necessità di controllo e di vicinanza dell’altro.

Come trattare un attacco di panico

I protocolli di trattamento psicoterapico per il disturbo di attacchi di panico sottolineano l’importanza di una ristrutturazione delle credenze e valutazioni del problema; si interviene quindi anche con una buona psicoeducazione. Fra le opzioni, la terapia cognitivo comportamentale utilizza tecniche che possono essere impiegate durante il trattamento: l’esposizione enterocettiva, l’esposizione in vivo, l’utilizzo della flash card e la tecnica del rilassamento muscolare progressivo di Jacobson.

Durante il seminario che si terrà il 12 Gennaio 2019 presso il Centro Psicologia Monterotondo, avremo modo di parlare insieme dell’ansia e degli attacchi di panico ma soprattutto avremo modo, insieme, di sperimentare una prima seduta della tecnica del Rilassamento Muscolare Progressivo. Consideriamo come punto di partenza il fatto che il corpo sia entrato a far parte della pratica della psicoterapia. Ciò indica che il nostro corpo è fonte inesauribile di microscopici segnali che, se ascoltati e accolti, possono divenire un potenziale considerevole per la conoscenza di noi stessi, dei nostri limiti e dei nostri punti di forza.

Soma e psiche seguono il principio dei vasi comunicanti, dunque le conseguenze di una scorretta interpretazione delle emozioni e delle sensazioni si riversa sul nostro fisico. Quando la nostra intimità è, per così dire, bloccata, i nostri muscoli diventano tesi, contratti e la respirazione è superficiale e ridotta al minimo. Naturalmente questa situazione di blocco è tendenzialmente inconsapevole. Attraverso un lavoro di decontrazione dei muscoli e della respirazione, segnali, emozioni e sensazioni passano ad un livello di consapevolezza, divenendo così più ricettivi nei confronti di noi stessi.

Rilassamento Muscolare Progressivo: una presentazione gratuita sabato 12 gennaio presso il Centro Psicologia Monterotondo

Il rilassamento muscolare progressivo è una tecnica di rilassamento attivo basata sull’alternanza contrazione/distensione dei muscoli. L’origine è da rintracciarsi cinquanta anni fa, quando Jacobson ha pubblicato la prima edizione degli studi relativi alla tecnica di rilassamento. Il training è uno dei metodi più semplici ed efficaci per contrastare la condizione di stress e promuovere la propria salute psicofisica. Si basa sul presupposto che i processi mentali e le emozioni siano associati a manifestazioni neuromuscolari che alterano il normale tono di riposo.

Ogni pensiero, ogni percezione, ogni emozione si correla ad una modificazione del tono muscolare, coinvolgendo globalmente tutto il sistema nervoso, endocrino e muscolare. Attraverso il training di rilassamento muscolare possiamo imparare quali sono le tensioni presenti nel nostro corpo e che si riflettono nella nostra mente. Le fasi del training di rilassamento muscolare possono essere così elencate:

1) allenamento a percepire la tensione muscolare attraverso esercizi di contrazione e decontrazione;

2) addestramento a riconoscere quando i muscoli non sono completamente contratti o completamente distesi;

3) fare esperienza circa la condizione di mente passiva.

Due sono le finalità del training di rilassamento:

  1. indurre delle modificazioni sul sistema neurovegetativo attraverso esercizi di contrazione-decontrazione muscolare. Questo processo è sostenuto dalla tesi che la distensione muscolare induce quella mentale. L’esperienza di mostra che la distensione della muscolatura apporta una sensazione di calma. Quando si raggiunge lo stato di rilassamento si verificano effetti positivi anche a livello cardiorespiratorio. Di conseguenza la concentrazione di adrenalina nel sangue si abbassa e si produce uno stato di calma;

  2. altro obiettivo che si pone il training è quello della generalizzazione, ovvero l’autocontrollo e la gestione delle proprie tensioni in condizioni di vita quotidiana. Una volta appresi gli esercizi in un setting terapeutico, la persona è competente nel proporlo in qualsiasi circostanza. Questo avviene nel tempo, quando la persona diviene consapevole dei suoi stati. La generalizzazione non avviene per suggestione ma per impegno diretto del paziente.

Costellazioni Familiari

Le Costellazioni Familiari sono un metodo di presa di coscienza e risoluzione di una vasta gamma di problematiche che derivano dalla famiglia di origine. Queste possono manifestarsi nella vita di ogni giorno sul piano del benessere individuale, delle relazioni interpersonali, del processo di auto-realizzazione.

Attraverso le Costellazioni Familiari possiamo infatti prendere coscienza di ingiustizie, esclusioni e privazioni vissute dai nostri antenati. Queste memorie dolorose potrebbero essere arrivate fino a noi e inficiare in qualche misura la nostra vita. Lasciando agire la rappresentazione scenica, possiamo comprendere a fondo l’origine di ciò che stiamo vivendo, reintegrare le informazioni mancanti per rimettere ordine nel sistema.

Risolvere nodi antichi

Il metodo delle Costellazioni Familiari aiuta a ricostruire la propria linea genealogica. Inoltre consente di prendere coscienza di traumi (malattie, guerra, morti, fallimenti), ingiustizie e privazioni vissuti nel sistema familiare, sociale e culturale. Tutte queste informazioni vengono infatti trasmesse dagli antenati ai discendenti.

Non è cosa semplice: molto spesso quello che viene rappresentato nelle costellazioni è uno scenario sconosciuto e inedito. E non potrebbe essere altrimenti, in quanto la costellazione ci mostra non solo quello che già sappiamo (per cui riconosciamo con stupore certi atteggiamenti e comportamenti riportati precisamente dai rappresentanti); il vero contributo di una costellazione consiste nello svelarci quello che non sappiamo riguardo la nostra famiglia.

La cosa importante è aprirsi alle informazioni che arrivano, accogliere con fiducia anche le rivelazioni più sconcertanti. Talvolta capita che la costellazione riveli addirittura informazioni sconosciute al cliente, ma puntualmente confermate da successive indagini. In ogni caso, qualunque cosa emerga dalla costellazione, il nostro livello di coscienza è in grado di elaborarlo e di assimilarlo, aumentando la nostra consapevolezza e permettendo così al nostro campo morfogenetico di riassestarsi più in profondità.

Come funzionano le Costellazioni Familiari

Gli elementi fondamentali per effettuare una Costellazione Familiare sono tre: un facilitatore, un cliente e dei rappresentanti.

  • Il FACILITATORE imposta il set fenomenologico in cui si sviluppa la costellazione, indaga assieme al cliente la tematica che si vuole esplorare e, sulla scorta della sua esperienza e competenza, porta la costellazione a una soluzione efficace.

  • Il CLIENTE è l’elemento fondamentale di una costellazione. E’ colui che porta la domanda su cui lavorare, che deve essere chiara e rilevante, ovvero non generica ed evasiva, bensì focalizzata su una tematica che richieda una soluzione. Ma soprattutto il cliente è importante perché è il suo campo morfogenetico che viene rappresentato fenomenologicamente, a cui si collegano il facilitatore e i rappresentanti.

  • I RAPPRESENTANTI sono generalmente persone (ma possono essere anche oggetti) su cui vengono proiettati dal campo morfogenetico taluni aspetti dei membri del sistema familiare. In genere (ma dipende dalla tecnica utilizzata dal facilitatore) possono esprimersi liberamente e spontaneamente, dando uno sviluppo dinamico alla costellazione.

Concretamente, dopo una breve indagine sulla tematica portata dal cliente e sulla situazione genealogica e sistemica, il cliente formula la domanda cui tenterà di dare risposta grazie alla costellazione. Il cliente dispone nello spazio previsto (o invita a disporsi liberamente) i rappresentanti della sua famiglia, o del suo partner, o delle sue relazioni affettive, lavorative, personali. Poi si siede e osserva.

I rappresentanti entrano in connessione con il campo morfico del soggetto e agiscono guidati da dinamiche spontanee, portando alla luce il vissuto emotivo delle persone reali o delle situazioni che rappresentano. In genere, nel giro di qualche minuto la costellazione arriva a uno stallo, a un blocco o un congelamento: è il cosiddetto irretimento, in cui vediamo la situazione “reale” del sistema familiare del soggetto, assistiamo all’emersione del nodo o del nucleo problematico del sistema.

Solamente la visione e la presa di coscienza di questo dato potrebbe bastare al cliente per destrutturare una serie di blocchi interiori e giungere a nuove consapevolezze riguardo se stesso e il proprio sistema; ma in genere si cerca di effettuare un aggiustamento della situazione, di esercitare un ruolo attivo nella ridefinizione del sistema.

Attraverso quindi un misurato e graduale cambiamento delle posizioni dei rappresentanti nello spazio, spontaneamente o attraverso l’intervento del facilitatore, si riporta il sistema nel giusto ordine: una rinnovata armonia dentro la quale il soggetto interessato riprende il suo posto e ristabilisce le corrette relazioni con i membri del suo sistema.