La potenza delle narrazioni nell’AperiFestival di psicologia

Il Centro Psicologia Monterotondo propone un nuovo appuntamento dal vivo che prosegue il percorso intrapreso con il Festival di Psicologia ESC: esprimere, scoprire, condividere svoltosi lo scorso 25 marzo. Sabato 14 ottobre l’Aperifestival di Psicologia “C’era una fiaba”, rivolto a tutte le Associazioni, Servizi, Professionisti e Cittadini interessati al mondo della psicologia, riaprirà l’anno di attività.

Un pomeriggio insieme per continuare a coinvolgere i partecipanti nel trattare alcuni temi più ricorrenti, e rilevanti, attraverso una forma e un linguaggio che consenta di vivere la psicologia come uno strumento utile e accessibile, con la partecipazione di professionisti del settore che lavorano sul territorio. Il tema stavolta sarà quello della fiaba e della narrazione, esplorato attraverso due attività, una per bambini e una per adulti.

L’evento si svolgerà dalle ore 16 alle ore 19 presso Keria Studio di Riabilitazione in Via Mazzini, 28, Monterotondo ed è organizzato con Keria Studio di Riabilitazione, Studio Psilog, Associazione Ganapati.

Le proposte

Bambine e bambini, nel laboratorio a loro dedicato (dai 6 ai 10 anni) si immergeranno in uno scenario magico scenario, allestito con elementi della natura, colori e morbide scenografie. I personaggi di una fiaba della tradizione popolare o di altre storie – burattini artigianali o illustrazioni – si animeranno attraverso la voce narrante, le sonorità e le diverse musiche. Bambine e bambini potranno rivivere i momenti salienti della fiaba attraverso attività interattive teatrali, corporee, di movimento, musicali, di creatività manuale.

L’attività per adult* invece si concentrerà su come raccontare e narrare la nostra vita caratterizza e a volte orienta il nostro mondo. Le nostre narrazioni, spesso implicite, sono di natura personale, familiare e sociale e più o meno consapevolmente finiscono per influenzare i nostri desideri, i nostri bisogni, le nostre scelte. Scopriamo insieme come questo accade e, giocando insieme, proviamo a tessere nuove storie e narrazioni che possano corrispondere di più alla consapevolezza che oggi abbiamo di noi stessi.

Il Centro Psicologia Monterotondo è convinto che questo appuntamento possa essere un momento di integrazione e condivisione di temi che sono sempre più presenti nella quotidianità di tutti e un aiuto impegnato e responsabile affinché ognuno di noi abbia sempre maggiore cura del sé, della propria persona e del proprio benessere.

La partecipazione è gratuita ma è necessaria la prenotazione. Per prenotare o per richiedere informazioni contattare il 3661730510, la mail info@psicologiamonterotondo.com oppure scrivere nel form presente sul sito. Per l’iscrizione al laboratorio per bambine/i si prega di indicare l’età del partecipante.

Vita di coppia

Il seminario dello scorso ottobre, opportunamente chiamato “…troppo vicini?….poco vicini?”, ha voluto proporre il tema dell’intimità e della distanza all’interno della coppia. L’obiettivo di questo primo incontro, voleva essere non solo una condivisione di nozioni ma anche e soprattutto una condivisione di visioni, vissuti e opinioni relative al tema “coppia”. Una realtà dove non si incontrano solamente due persone ma, in realtà, molte più dimensioni, elementi e fattori.

La cornice teorica di riferimento è quella secondo la quale il modello di coppia e le aspettative sono ciò che derivano dalla famiglia di origine e quanto le attese di questa sono riposte nel soggetto. Dunque oltre a 2 persone, nella coppia si incontrano 2 realtà distinte, 2 sistemi di valori e credenze, 2 storie diverse, 2 stili educativi.

Verso una dimensione nuova

Quando due persone decidono di formare la coppia, avviene il cosiddetto “evento critico”, ovvero l’avvio di un processo di cambiamento e trasformazione necessario. Si va verso un progetto comune che viene condiviso e regolamentato attraverso la comunicazione di limiti, regole, funzioni e bisogni esplorati o meno. Attraverso il dialogo, le due persone si conoscono reciprocamente, stabiliscono quei confini e stili che diverranno peculiarità della loro coppia.

La nuova coppia si distacca dalla famiglia di origine, un distacco difficile ma necessario che permetterà la fase dell’isolamento a due, dell’innamoramento e successivamente dell’amore: le persone in coppia vanno nella direzione della costruzione della loro condivisa identità.

Fasi della relazione

Come in ogni “essere vivente”, anche la vita di coppia segue un ciclo suddiviso in stadi e andando avanti nel tempo subentreranno degli elementi che riducono lo spazio vitale della coppia incrinando equilibri che avevano garantito ai due una stabilità e una coesione. L’ascolto, la comunicazione, l’empatia e il tempo divengono ingredienti fondamentali affinché la coppia resista agli scossoni del quotidiano e superi, con condivisa resilienza, le incomprensioni e difficoltà.

Moltissime sono le coppie che abbiamo avuto il piacere di incontrare e possiamo dire con estrema fermezza che non vi è una strada che va bene per tutte le realtà, per questo è importante saper cucire per ogni coppia il suo abito su misura. Il nostro seminario si è concluso non solo con delle riflessioni sulla vita di coppia ma anche con una riflessione sul nostro lavoro di coppia in co-terapia.

Un seminario importante perché apre il ciclo dei seminari mensili che da qualche anno proponiamo. Un grazie da tutta l’equipe del Centro Psicologia Monterotondo a quanti hanno avuto il desiderio di condividere con noi un momento di riflessione.

Foto di Anna Shvets, Pexels

Perché una psicoterapia per persone LGBTQI+

terapia lgbt

A partire dal 1974, la voce “omosessualità” viene eliminata dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM). L’Organizzazione Mondiale della Sanità descrive l’omosessualità come una variante naturale del comportamento sessuale umano. Nessuna terapia può essere messa in atto per modificare l’orientamento sessuale.

L’orientamento sessuale non riguarda solo l’attrazione affettiva e sessuale, ma anche il profondo senso della propria identità, che si muove lungo un continuum che va dall’orientamento eterosessuale a quello omosessuale, con una moltitudine di sfumature e varianti.

Nella costruzione della propria identità, il Coming Out è il processo di affermazione della propria diversità sessuale rispetto al pregiudizio sociale che stabilisce una norma eterosessuale ed è rivolto verso se stessi e verso gli altri e la società.

Spesso le persone LGBTQI+ non fanno coming out perché vivono la loro omosessualità come un disvalore, anche a causa dell’omofobia è quell’insieme di pregiudizi, atteggiamenti, comportamenti e opinioni discriminatori nei confronti di gay e lesbiche.

Dal momento che è molto diffusa, l’omofobia genera nelle persone LGBTQI+ una serie di effetti sul piano sociale, tra cui: le molestie verbali e fisiche, la sopportazione di pregiudizi diffusi nei più diversi ambienti sociali e professionali, le discriminazioni personali o istituzionalizzate, fino alle campagne anti-gay portate avanti da alcune organizzazioni politiche o culturali.

L’omofobia interiorizzata è l’accettazione conscia o inconscia di tutti i pregiudizi, le etichette e le discriminazioni di cui le persone LGBTQI+ sono vittime. Una persona che fin dall’infanzia ha sentito intorno a sé atteggiamenti negativi nei confronti dell’omosessualità è naturalmente portato a interiorizzare parte di tutto ciò, finendo per sentirsi “sbagliata” in quanto omosessuale. Chi è affetto da omofobia interiorizzata ha difficoltà ad accettare serenamente il suo orientamento sessuale, fino alla negazione. Col tempo può sviluppare ansia, depressione, problemi con l’alcol e con il cibo, ansia sociale e disturbi sessuali.

Presso il Centro Psicologia Monterotondo si può intraprendere un percorso con terapeuti specializzati nelle tematiche LGBTQI+. Il percorso terapeutico può essere individuale o di coppia.

Anche le coppie omosessuali, infatti, devono confrontarsi con questioni importanti come quelle dell’omofobia e dell’omofobia interiorizzata. Un’altra difficoltà può essere l’accettazione della coppia da parte delle famiglie di origine. Inoltre, possono affrontare momenti di crisi in assenza di riferimenti comportamentali definiti circa i ruoli, la gestione organizzativa ed economica, i patrimoni,  gli obblighi sociali, la genitorialità. Per gestire con consapevolezza tali questioni un supporto terapeutico specializzato può essere una risorsa preziosa per la coppia omosessuale.

Psicoterapia online: isolamento e nuove opportunità. L’esperienza del Centro Psicologia Monterotondo

L’esperienza del Centro Psicologia Monterotondo con la psicoterapia online per mantenere la vicinanza col paziente e continuare nel seguimento.

PSICOTERAPIA ONLINE MONTEROTONDOIl nostro lavoro si fonda sull’incontro, sulla relazione, sulla vicinanza con l’altro e sulla sintonizzazione emotiva. Tutto ciò si sviluppa e si mantiene all’interno di un tempo ben definito e di uno spazio fisico: lo studio del terapeuta. La premessa più ovvia a tutto questo è sempre stata la compresenza fisica di entrambi i protagonisti della relazione terapeutica. Che succede quando siamo costretti a rinunciare ad una di queste componenti, cioè la stanza di terapia?

La pandemia del Covid19 ha bruscamente interrotto il normale flusso delle nostre vite e ha messo tutti nella condizione di restare chiusi in casa. Dal 10 Marzo 2020 è stato necessario lavorare a distanza e prendere in considerazioni nuovi modi per consentire la prosecuzione delle nostre attività. L’opportunità è stata quella di scoprire o ri-scoprire strumenti che fino a qualche mese fa non conoscevamo o non erano così familiari per noi. Oggi che possiamo tornare a incontrarci in uno studio in tutta protezione, abbiamo delle opzioni a disposizione di quanti sentano più utile il mezzo online per sentirsi sereni nell’incontro col terapeuta.

Psicoterapia online, una scelta per continuare a esserci

Per noi terapeuti del Centro Psicologia Monterotondo, proprio in un momento come questo era importante esserci, rimanere collegati, sia come equipe (le nostre riunioni sono proseguite con regolarità online)sia nel dare continuità al lavoro con i nostri pazienti, in un momento in cui i fattori di stress potevano maggiormente richiedere la presenza di una figura terapeutica.

E’ stato fondamentale trovare nuove forme e nuove possibilità di incontro. Così abbiamo proposto ai nostri pazienti di non interrompere il percorso personale che stavano svolgendo, ma di proseguire con una modalità che per molti era del tutto nuova: la psicoterapia online. Abbiamo utilizzato gli strumenti della tecnologia e del web per effettuare delle video-chiamate, principalmente la piattaforma Skype. Essa consente di parlarsi e vedersi, mantiene quindi molti degli elementi importanti della comunicazione non verbale, ossia il volto con le sue espressioni ed emozioni.

È possibile trasferire la relazione su un PC?

Come si può mantenere il senso della relazione terapeutica se ci sono due schermi a dividerci? Spesso ci siamo sentiti rivolgere dai nostri pazienti questo tipo di domande e noi stessi ci siamo soffermati a riflettere valutando i limiti e le opportunità del proseguire le terapie a distanza.

La psicoterapia online rientra nella definizione più ampia di Telepsicologia e comprende tutti i servizi di tipo psicologico offerti tramite le tecnologie di telecomunicazione (ad esempio telefono, cellulare, altri device mobili, videochiamata, email, chat in sincrono o differita). Non è una modalità nuova in Italia e all’estero, esistono studi e linee guida nazionali ed internazionali già da diversi anni. Lo svolgimento della psicoterapia on line segue le stesse normative vigenti per l’esercizio dell’attività psicoterapeutica indicate dagli ordini professionali (CNOP, “Digitalizzazione della professione e dell’intervento psicologico mediato dal web”, a cura della Commissione Atti Tipici, Osservatorioe Tuteladella Professione, 2017; American Psychological Association, “Guidelines for the Practice of Telepsychology”, 2013).

Uno degli elementi fondamentali della psicoterapia è il setting. Dall’inglese “to set”: impostare, stabile, regolare, il setting è considerato la cornice entro la quale si sviluppa la relazione tra psicologo e paziente. Comprende gli elementi spazio-temporali (il luogo, l’orario, l’onorario, la privacy) che scandiscono e danno un confine all’incontro. E’ un luogo fisico, ma è soprattutto uno spazio mentale solido e protetto entro il quale il paziente porta i suoi vissuti, le sue emozioni e la sua richiesta per definire insieme al terapeuta un obiettivo da raggiungere.

Lo spazio mentale condiviso in cui avviene lo scambio col terapeuta

Nella psicoterapia online manca l’incontro di persona, manca la stanza del terapeuta. Eppure ma lo spazio psicologico della relazione terapeutica si mantiene e si può adattare al cambiamento. La variabile più importante non è infatti la forma esteriore, ma è il significato della relazione tra terapeuta e paziente.

Gli aspetti importanti che rendono efficace una terapia rimangono anche se l’incontro è mediato da un pc. Si tratta dell’alleanza terapeutica, la costruzione e la condivisione degli obiettivi su cui lavorare, l’empatia e la fiducia costruita. Questi non sono direttamente legati agli aspetti concreti e formali di una terapia, ma sono legati alla relazione e alla progettualità di un percorso.

La terapia online durante l’emergenza è stata una grande risorsa per mantenere aperto e vivo quello spazio psicologico in cui ogni paziente ha potuto continuare a prendersi cura di sé e del suo percorso di cambiamento. In quel momento, infatti, la paura per ciò che stava accadendo nel mondo poteva bloccare e immobilizzare. La psicoterapia online è stato per molti un modo per uscire da una prima reazione di paura, identificare e prendersi cura delle proprie emozioni. .. Fino a mettersi alla prova e uscire dalla zona di comfort imparando ad utilizzare uno strumento nuovo e scoprendo quali possibilità poteva offrire.

Prendersi cura di sé in tutti i modi possibili

Ad oggi la psicoterapia online ha mostrato il suo più grande vantaggio, ossia l’accessibilità. Può essere un valido strumento di supporto alla terapia tradizionale per dare continuità a quanti si spostano spesso per lavoro, o svolgono lavori con orari o turni particolari, per coloro che hanno già iniziato un percorso ed abbiano necessità di trasferirsi in un altro paese o nazione. Allo stesso modo, può essere utile a quanti vivono all’estero, ma preferiscono iniziare un percorso con un terapeuta che parli la loro lingua madre. Inoltre l’uso delle tecnologie abbatte le barriere architettoniche. Raggiungere uno psicologo online diventa una opzione per quanti abbiano problematiche legate alla disabilità, o vivano in zone remote con difficoltà nel raggiungere lo studio di persona.

Il Centro Psicologia Monterotondo offre la possibilità di fissare un appuntamento sia presso lo studio, garantendo le misure di sicurezza necessarie, sia attraverso un colloquio online via Skype.

psicoterapia online Monterotondo

Bambini e coronavirus: consigli per i genitori

bambini e coronavirus Da qualche tempo le parole più pronunciate sono: quarantena, coronavirus, Covid-19, mascherina, igienizzante, e chi più ne ha più ne metta. Il Covid-19 ci ha costretti a una condizione quasi surreale. Le strade si svuotano, le persone indossano mascherine e guanti per uscire, gli spostamenti sono limitati, il silenzio in alcuni momenti della giornata è assordante, soprattutto dopo le 18, orario imposto per la chiusura delle attività. Tutti in casa, chiamati a limitare la propria libertà in nome di una battaglia importante per tutti.

Diversi meccanismi si instaurano in questo periodo che, forse, riempirà i libri di storia dei nostri nipoti. La convivenza è forzata, lo spazio è circoscritto, i tempi si dilatano inevitabilmente. L’Hashtag #iorestoacasa, oltre ad essere un monito fondamentale in questo momento, riporta una parola tanto usata quanto poco soppesata: CASA. “Casa” ha un significato profondo che si connota di sfaccettature e colori diversi in relazione alle singole persone. Per i bambini “casa” è molto di più di mura tinteggiate, quando colorate, che sorreggono quadri e foto.

Bambini e coronavirus: quando la casa diventa tutto

La casa è quel luogo fisico e psicologico dove il bambino struttura la sua personalità attraverso le relazioni interpersonali con genitori e fratelli. “Nucleo originario amato e odiato” (A. Oliverio Ferraris). Il TEST del disegno della casa è per il bambino il momento in cui contatta direttamente quel nucleo. Lì proietta le proprie associazioni con le relazioni familiari, il vissuto emotivo esperito all’interno della casa. (“I disegni dei bambini. Metafore e simboli del benessere bambino”. G. Crocetti, 2008)

Proprio sul binomio “casa/bambino” noi del Centro Psicologia Monterotondo volevamo porre l’accento in questo breve articolo. I nostri bambini, in casa, limitati nei movimenti, nell’agire a tutto tondo, nelle possibilità, hanno comunque la necessità di esprimersi e crescere. I genitori sono chiamati ad assumere più ruoli di quanti ne rivestano in condizioni di vita normale. Per dare qualche spunto o una semplice mappa, noi del Centro Psicologia Monterotondo, abbiamo avuto l’onore di intervistare la Dott.ssa Eleonora Berardi, specializzata in Psicoterapia Analitico Transazionale, lavora presso il Centro Primo Respiro e l’Istituto San Giorgio specializzato per i Disturbi della Condotta Alimentare si occupa di preadolescenti, adolescenti e età adulta.

La Dott.ssa Berardi ci viene in aiuto rispondendo alle nostre domande rispetto alla gestione e condivisione dei tempi e spazi con i nostri bambini. RingraziandoLa per aver accettato il Nostro invito, innanzitutto Le chiediamo se i genitori debbano o meno condividere le informazioni circa il Covid-19 con i loro figli e, se si, in che termini.

Comunicare al bambino emozioni e informazioni

Il genitore, che sta facendo anche i conti con il proprio mondo emotivo, secondo Lei, è chiamato a condividere le proprie emozioni con i figli?

Le Emozioni sono la risposta psicofisiologica a eventi interni o esterni, che in questo momento delicato, generano maggiormente uno stato d’allerta. In questa situazione di emergenza, ognuno di noi percepisce il proprio mondo emotivo attraverso un’espressione interna (accelerazione o rallentamento del battito cardiaco, dilatazione pupillare, tremori, iperattività gastrointestinale, ecc.) e un’espressione esterna (postura corporea, mimica facciale, tono della voce). Sono proprio queste ultime manifestazioni che i nostri bambini captano e interpretano, talvolta erroneamente qualora noi adulti siamo impegnati a camuffarle, nel tentativo di proteggerli.

Il nostro mondo emotivo è caratterizzato ad oggi da ansia, preoccupazione per la salute dei nostri cari e per la precarietà lavorativa. Affinché sia percepito dai bambini in maniera chiara e rassicurante, è preferibile che sia comunicato attraverso il riconoscimento reciproco degli stati emotivi. Questo vale in tutte le situazioni in cui i ruoli prevedono posizioni asimmetriche, ovvero una gerarchia genitore/figlio, professore/alunno.

Ogni essere umano non si nutre soltanto di viveri, ma necessita di un cibo sociale: il riconoscimento” (Berne E.1964,). Con questa frase Eric Berne, ci spiega che, per godere di buona salute psicologica, specialmente in questo momento storico, tutti, sia i nostri bambini che noi genitori, abbiamo bisogno di sentirci visti, percepiti e di esistere per gli altri.

Riconoscere le emozioni dell’altro

Affinché i bambini si sentano al sicuro, occorre metterli a conoscenza di ciò che stanno provando gli adulti intorno a loro, in maniera da fungere da rispecchiamento sicuro e riconoscimento delle proprie paure. Ovviamente, la condivisione emotiva può avvenire in maniera diversa a seconda dell’età del proprio figlio. Esprimersi emotivamente, può prevedere l’improvvisarsi a raccontare una storia o una favola, a costruire un’immagine, un gioco o un disegno. Con questi strumenti i bambini si rispecchiano nelle parole dei genitori e trovano rassicurazione, in un ambiente in cui possono esprimersi e accrescere la loro sensibilità.

Contestualmente, come accogliere le emozioni dei bambini rispetto a questa pandemia?

Lo stravolgimento delle attività di vita quotidiana, l’astensione dalla normalità, è ciò che i bambini osservano e che possibilmente crea confusione dentro di loro. Ogni bambino è un individuo a sé. Non esiste un manuale di gestione emotiva dei propri figli da usare in caso di pandemia che sia più efficace della conoscenza singola che ogni genitore ha del proprio bambino o adolescente. La consapevolezza delle proprie intuizioni, rispetto a come accogliere il mondo emotivo dell’altro, deve essere accompagnata da una comunicazione di sostegno. Questa comunicazione è, a volte, silenziosa: una presenza concreta e fiduciosa è più efficace di molte parole.

Nello specifico accogliere le emozioni dei vostri figli, significa saper sorreggere le sofferenze e anche la disperazione, sollecitando le risorse interne del singolo bambino attraverso una comunicazione di fiducia e investimento sulle sue capacità, evitando di sostituirvi nella risoluzione del momento di confusione attraverso parole e azioni che mirino a “passare oltre” quel momento, perché andrà tutto bene, ma in questo momento bambini e adolescenti, tutti, hanno il diritto di essere spaventati e di poterlo esprimere.

Focalizzare l’attenzione sull’attimo presente

Dalla confusione e disperazione momentanea, si può uscire anche attraverso le sensazioni di piacere che la vostra casa produce. Il tepore o la freschezza della stanza, l’ambiente tonico e gratificante, hanno una funzione molto più efficace delle discussioni fatte di parole. Invitando i vostri figli persi nella confusione mentale, a vedere il mondo come una scena aperta vengono stimolate le sue capacità di cogliere gli aspetti positivi circostanti. Fargli ascoltare i rumori e il silenzio della casa, osservare ciò che dalla vostra finestra è possibile vedere, dal fruscio delle foglie alla vicina che stende le lasagne. Lo spostamento dalla confusione e dai vissuti di paura avviene attraverso esperienze di percezione concreta che ci fanno prendere contatto con la realtà e con la possibilità che abbiamo di viverla ed amarla: quando si riesce a vedere una cosa nella sua bellezza, già si comincia ad amarla e tutta la disperazione si ridimensiona.

Tecnologia, attività, giochi in famiglia. In che misura e a quali di questi aspetti dare più risalto?

Non possiamo più parlare di preoccupazioni per il futuro rispetto a desiderati o temuti cambiamenti comunicativi ed espressivi. Il cambiamento, infatti, è già avvenuto nei nostri bambini e adolescenti, i “nativi digitali” (Morena S.,2017), che antepongono alla riflessione la comunicazione che guida le relazioni. Come sostiene Galimberti (1999) si può scegliere di vivere o di rimanere in disparte rispetto alla tecnologia, ma in questa fase pandemica la scelta è obbligata dal momento che non è più uno dei mezzi, ma una delle uniche vere e proprie finestre verso il mondo.

La continuità delle attività in casa deve essere mantenuta costante, poiché permette di dare valore alle giornate di genitori e figli. Le modalità con cui strutturare il tempo, è sicuramente arduo per gli adulti, concentrati nel “misurare” diversi aspetti della giornata. Il social network ed il cellulare/tablet in genere, sono un mezzo che consente di allontanare la solitudine e di sentirsi sempre in contatto con i nonni/zii, compagni di scuola e insegnanti. Strutturare un orario preciso, in cui incontrarsi in questo “muretto virtuale” protetto, permette loro di comunicare con il gruppo dei pari, attraverso il linguaggio espressivo tipico di ogni età.

Mantenersi attivi e compartecipare

Durante questa pandemia, la strutturazione della quotidianità dei bambini e adolescenti può essere parzialmente condivisa con loro, che hanno maggiormente bisogno di essere contenuti sul piano emotivo; il rischio di lasciarli da soli in questa nuova dimensione di spazio vitale, potrebbe indurli a perdersi nel rimugino dei loro pensieri e paure. Lo stare in famiglia è una nuova dimensione, che può essere organizzata in attività pratiche, in cui si adempie alla cura dei propri spazi vitali e si seguono lezioni didattiche per mantenere una continuità scolastica, con particolare attenzione all’aspetto del gioco, diverso per bambini e adolescenti.

Quello che piace al bambino piccolo è poter utilizzare e modificare gli oggetti che lo circondano, per costruire la certezza di una possibile azione sul mondo (pasta di sale, cartoncini ecc.). Del tutto diverso è un adolescente, che predilige giochi che mobilitano una forte intensità emozionale, indipendentemente dal loro contenuto. E’ questa intensità emozionale che spiega il motivo per cui non ascoltano e sono spesso molto tesi, dovendosi confrontare con stimolazioni visive e uditive molto intense (Tisseron, 2006).

In entrambe le situazioni, è consigliabile che il genitore tenga conto della dinamica dell’approvazione e di risposta alle aspettative legittime dei propri figli, ad esempio compartecipando ai loro interessi, seppur dando degli orari di inizio e fine del gioco. In tal modo l’adolescente tenderà ad evitare di ricercare gratificazioni all’esterno del nucleo famigliare, risposta che viene riattivata spesso grazie ad Internet.

Quanto fin qui detto, sottolinea l’importanza di fornire un ambiente domestico adeguatamente stimolante e relativamente prevedibile per i nostri bambini. È utile riprodurre in maniera quanto più fedele i vari contesti da essi frequentati. I bambini che possono contare su un ambiente che promuova un sano ed equilibrato sviluppo psicologico, diverranno adulti capaci di adattarsi in maniera ‘sana’ alle diverse circostanze della vita, di stabilire dei legami soddisfacenti, di provare e promuovere benessere psicologico e fisico (Chiesa C., 2013).

Nuove regole familiari

Secondo Lei, in questo momento in cui tutto è stravolto, le abitudini, i premi, le punizioni, la ruotine come possono essere gestite dai genitori?

Si può affermare che in questo periodo di stretta vicinanza e dipendenza dalle persone che si prendono cura di loro, i bambini imparano ad imparare. Imparano cioè ad usare in modo intelligente il proprio comportamento attraverso l’osservazione dei genitori. Gestire la frustrazione di bambini e adolescenti, in fase pandemica, potrebbe risultare sfibrante nella misura in cui il sistema familiare non si adatti alla nuova situazione, caratterizzata da spazi fisici e psicologici ridotti.

Il contenimento emotivo dei propri figli è veicolato anche dall’insieme di regole stabilite, che normalizzano lo stravolgimento di vita in atto. Per gestire il cambiamento interno al nucleo familiare, si potrebbe ristrutturare un sistema di “economia di carezze”, intese come forme di riconoscimento e rispetto dell’altro. Attraverso questo sistema si effettua un bilancio delle punizioni e dei buoni premio da dare e ricevere, concordandole con i propri figli in base all’età. La variabile da osservare in fase pandemica è la durata della punizione. Questa necessita immediatezza e va conclusa in breve tempo, al fine di rendere il bambino consapevole dell’accaduto, ma contenendo la frustrazione già elevata.

Le emozioni dei bambini, un mondo tanto grande quanto meraviglioso, come aiutarli ad esprimerle? Come contenerle?

L’attaccamento nasce dalla sensazione piacevole di essere oggetto di cura, di essere avvolto affettivamente e riconosciuto dai propri cari. Nel tentativo di aiutare i bambini a esprimere le loro emozioni, l’adulto deve astenersi dal modificarle per renderle positive a tutti i costi; piuttosto si tratta di agire sulla situazione di emergenza.

L’accudimento distoglie dall’ansia

Attraverso la presa in considerazione di stimoli ambientali, mediante la percezione della sorpresa di ciò che si può fare insieme in casa, è possibile distoglierli dal ruminamento interno. Poi, con una comunicazione lenta e sicura, riuscire a tranquillizzarli. La modalità comunicativa per facilitare l’espressione delle emozioni è caratterizzata dalla lentezza. Grande attenzione a “staccare” le parole pronunciate l’una dall’altra con una pausa forzata nella frase e estrema concentrazione verso l’altro, affinché “senta” di essere l’oggetto della comunicazione.

Nei confronti di un bambino/adolescente ansioso e spaventato può essere utile far esprimere dall’ambiente circostante (fratello, animale domestico, oggetto preferito) un segnale di bisogno di cura. Un bimbo, impaurito da un buio improvviso, può essere invitato a prendere in mano un suo orsacchiotto, illuminato dalla luce di un telefono. Tale immagine richiama nel bambino la possibilità di superare un momento difficile, diverso a seconda dell’età, e può stabilizzarlo attraverso il sentimento di tenerezza che sperimenta per l’orsacchiotto tutto solo.

Ugualmente è possibile distogliere dalla paura e dall’ansia un adulto invitandolo ad interessarsi amorevolmente di qualcosa che ha bisogno delle sue attenzioni. Numerosi giochi da tavola (Dixit), possono essere modulati dai genitori come veicolo preferenziale per entrare nel mondo emotivo sia dei figli sia nel proprio. Suggerisco il libro di Claude Steiner “La favola dei caldomorbidi”. Attraverso una favola, l’autrice spiega come sapersi adattare al contesto, alle sue richieste, riuscendo anche a ottenere vantaggi relazionali ed emotivi, necessari alla sopravvivenza psicofisica.

Ringraziando sentitamente per la disponibilità e la professionalità la Dott.ssa Eleonora Berardi, il Centro Psicologia Monterotondo vi rimanda alla settimana prossima per un nuovo approfondimento.

L’autrice dell’articolo è la Dottoressa Stefania Pillotti.

Invecchiamento fisiologico e invecchiamento patologico

L’invecchiamento fisiologico nella popolazione è aumentato, dai primi anni del ‘900 ad oggi, in conseguenza della crescita dell’aspettativa di sopravvivenza, grazie al miglioramento generale nelle condizioni di vita. Ciò significa che le tematiche legate alla terza età oggi interessano un ampio numero di persone.

invecchiamento fisiologico e invecchiamento patologico

È diventato, quindi, estremamente importante approfondire la ricerca e la clinica al fine di comprendere cosa favorisce un invecchiamento “di successo” e come è possibile mantenere il più a lungo possibile attività e funzioni fondamentali alla persona per vivere in autonomia.

Noi del Centro Psicologia Monterotondo abbracciamo la visione secondo la quale lo sviluppo della persona continua lungo tutto l’arco di vita: dall’infanzia, all’adolescenza, all’età adulta, all’età anziana. Ogni fase porta in sé un passaggio di crescita fondamentale per uno sviluppo pieno e sano dell’individuo.

Le ultime ricerche sul benessere psicologico riportano che le persone più adulte esprimono un maggior grado di soddisfazione personale e di benessere psichico rispetto alle persone più giovani. Questo potrebbe sembrare un dato paradossale, eppure ci permette di comprendere che, anche in età avanzata, ciascuno può avere un ruolo attivo nella costruzione del proprio benessere.

Un buon invecchiamento fisiologico è possibile

Quali sono i fattori che favoriscono una migliore qualità di vita e salute in età avanzata? Tutti i dati più recenti convergono su alcune concause principali che possono favorire un buon invecchiamento fisiologico. Queste comprendono comportamenti e stili di vita, fattori psicologici e sociali. Tra i più rilevanti, legati allo stile di vita, possiamo citare:

  • una dieta bilanciata

  • esercizio fisico costante, con effetto positivo anche sull’umore

  • ore di sonno adeguate (7-8)

  • l’astensione dal fumo

  • un consumo moderato di alcool

  • attività di prevenzione regolare.

Per quanto riguarda i fattori psicologici e sociali, tra i più influenti abbiamo:

  • avere un atteggiamento positivo nei confronti della vita e dell’invecchiamento stesso

  • concedersi tempo dedicato agli hobby e ai divertimenti

  • mantenere relazioni sociali

  • avere un ruolo attivo nella società e nella propria comunità.

Quindi, dare attenzione al nostro stile di vita fin da giovani, tanto per le abitudini comportamentali, quanto per l’aspetto psicologico e sociale, ci permette di costruire potenzialità e risorse alle quali poter attingere nella terza età.

L’invecchiamento fisiologico comporta inevitabilmente dei cambiamenti fisici esterni e interni, cambiamenti a livello sensoriale, un declino più o meno marcato di diverse funzioni neuropsicologiche tra cui la memoria, il linguaggio e l’attenzione. Tali modificazioni possono essere a volte minime e molto lente, altre volte più profonde e progressive.

Come fronteggiare in modo attivo i cambiamenti propri della terza età?

Di fronte a queste modificazioni, come esseri umani lo strumento più potente che abbiamo a disposizione è la nostra capacità di adattamento. Saper modificare in modo flessibile i nostri obiettivi in base ai cambiamenti delle risorse a nostra disposizione. Questa è una qualità estremamente utile in tutto l’arco della vita, ma diventa fondamentale nella terza età, quando possono ridursi sia le potenzialità interne che la capacità di accedere alle risorse esterne.

Per quanto riguarda queste ultime, è utile ad esempio modificare il contesto ambientale in cui l’anziano vive, in modo da renderlo più funzionale alle sue capacità fisiche e cognitive, o anche utilizzare semplici accorgimenti per minimizzare o compensare il declino cognitivo (dallo scrivere dei promemoria ad utilizzare telefoni o tablet per ricordarsi appuntamenti).

Da un punto di vista psicologico è importante che anche nella terza età ci sia una progettualità, ossia la ricerca di uno o più obiettivi che diano direzione e senso alla propria vita. In genere chi invecchia in modo sano e felice tende a selezionare un minor numero di obiettivi, ma solitamente questi sono più importanti e significativi per la persona.

Inoltre la sfera emotiva e affettiva nella terza età è quella che subisce meno l’effetto dell’invecchiamento fisiologico, per cui rimane una grossa risorsa a disposizione. Questo permette anche di potenziare la sfera familiare e sociale come spazio di condivisione di esperienze, emozioni e sentimenti.

Accanto all’invecchiamento fisiologico, tuttavia non possiamo non considerare che in alcuni casi l’invecchiamento diventa patologico. Ciò accade quando il declino delle funzioni neuropsicologiche è marcato e tale da compromettere il buon funzionamento psicologico e sociale della persona, come nei casi delle Demenza.

L’invecchiamento patologico

Negli ultimi anni il tema è al centro dell’attenzione a livello mondiale poiché, con l’innalzamento dell’età della popolazione, si assiste a un aumento dei casi di Demenza. Le Demenze degenerative primarie sono malattie devastanti del sistema nervoso centrale, in cui la personalità e l’identità della persona vengono progressivamente distrutte.

Secondo il Rapporto OMS e ADI (Alzheimers Disease International) del 2016 la Demenza, nelle sue diversificate forme, è stata definita “una priorità mondiale di salute pubblica”. Le stime più recenti a livello internazionale indicano che nel mondo vi sono circa 35,6 milioni di persone affette da Demenza, con 7,7 milioni di nuovi casi ogni anno e un nuovo caso di Demenza diagnosticato ogni 4 secondi.

Secondo i dati dell’Osservatorio Demenze dell’Itituto Superiore di Sanità (studio di giugno 2019) in Italia un milione di persone sono affette da Demenza, 600mila sono colpite da Alzheimer e circa 3 milioni sono le persone direttamente o indirettamente coinvolte nell’assistenza dei loro cari. La Malattia di Alzheimer rappresenta la più frequente patologia neuro-degenerativa, insieme ad altre forme di Demenza come Demenza vascolare, fronto-temporale, a corpi di Lewy, ecc…

La Demenza di Alzheimer si manifesta in una fase iniziale con lievi problemi di memoria; nel corso della malattia questi e altri deficit cognitivi si intensificano e possono portare il paziente non solo al grave disorientamento nel tempo, nello spazio e verso le persone, ma anche a disinteressarsi della propria sicurezza personale, dell’igiene e della nutrizione, sino alla totale perdita della propria autonomia e alla completa dipendenza dai familiari o altri caregiver (colui che si prende cura del malato).

Demenza senile, come comportarsi

La prevalenza della malattia aumenta con l’età e raggiunge il 15-20% nei soggetti di oltre 80 anni. La sopravvivenza media dopo la diagnosi è oramai di oltre 10 anni. Ad oggi non esiste una cura efficace per la Demenza, che modifichi la malattia e ne inverta il decorso, sebbene le attuali terapie farmacologiche siano efficaci nel rallentare la progressione di malattia.

Negli ultimi anni l’approccio più frequente di cura è un intervento farmacologico precocissimo sulle prime fasi della malattia (in cui i sintomi sono minimi) unito a terapie non farmacologiche. Queste comprendono approcci cognitivi quali la Terapia di Stimolazione Cognitiva (CST) abbinata con altri interventi psicosociali, come la terapia occupazionale, la musicoterapia, la stimolazione multisensoriale, terapia della bambola, terapia del treno, l’esercizio fisico.

La Stimolazione Cognitiva è un trattamento specifico per soggetti che presentano una demenza lieve-moderata. Usa tecniche e interventi mirati e differenziati. L’obiettivo è massimizzare le funzioni residue dell’individuo con l’utilizzo di tutte le risorse interne ed esterne disponibili per mantenere il più possibile l’autonomia.

La terapia di ri-orientamento alla realtà (ROT) è stata la prima terapia cognitiva in grado di produrre buoni risultati, di rafforzare le informazioni di base del paziente a livello spazio-temporale e della sua storia personale e ridurre la tendenza all’isolamento.

La Terapia di Stimolazione Cognitiva (CST)

La Terapia di Stimolazione Cognitiva è un intervento globale: parte da un orientamento alla realtà è capace di stimolare il funzionamento cognitivo e socio-relazionale. Il trattamento pone al centro l’individuo piuttosto che la Demenza. È una terapia psicosociale diffusa a livello mondiale, comprovata a livello scientifico. Può rallentare il decorso della malattia puntando all’autonomia della persona.

Gli obiettivi terapeutici nello specifico sono:

  • raggiungere il miglior livello funzionale possibile
  • rallentare il decadimento cognitivo
  • contrastare la tendenza all’isolamento nel contesto familiare e sociale
  • contenere i disturbi comportamentali
  • ridurre lo stress assistenziale
  • ritardare l’istituzionalizzazione.

La CST è un’attività altamente strutturata, da non confondere con qualsiasi tipo di proposta ludico-ricreativa e può essere condotta individualmente o in piccoli gruppi. Ogni sessione segue la stessa struttura sebbene il tema cambi di volta in volta, permettendo alla persona di acquisire un orientamento implicito. La stimolazione delle abilità cognitive avviene attraverso attività non frustranti e adattate alle capacità della persona o del gruppo, ad esempio:

  • esercizi con le parole per stimolare le abilità di denominazione e di comprensione
  • giochi con i numeri
  • esercizi sulla conoscenza e uso degli oggetti
  • giochi fisici
  • orientamento sulla base di indizi esterni
  • utilizzo del denaro
  • stimolazione sensoriale
  • attività con la musica e suoni
  • attività sull’infanzia.

L’Operatore di Stimolazione Cognitiva della persona con Demenza

L’Operatore di Stimolazione Cognitiva è un professionista (Psicologo, Neurologo, Geriatra o comunque ogni Operatore coinvolto nell’assistenza a tale patologia), adeguatamente formato. Egli è in grado di disporre delle tecniche di stimolazione cognitiva e di attuare l’intervento più efficace per il benessere del suo assistito. Nello specifico

  • conosce e sa somministrare le principali batterie di screening del funzionamento cognitivo per la Demenza
  • è in grado di effettuare una valida diagnosi differenziale tra i diversi disturbi
  • conosce e sa applicare le principali tecniche di stimolazione cognitiva (ROT; CST individuale e di gruppo).

Presso il Centro Psicologia Monterotondo operano esperti in grado di valutare, attraverso test specifici, le funzioni cognitive e i sintomi non cognitivi. L’obiettivo è quello di fornire una valutazione dello stato funzionale completo della persona con Demenza. I nostri specialisti, dopo un attento screening, programmano il trattamento più adeguato per la persona in esame. Anche alla famiglia del malato con Demenza e alle persone che lo assistono è offerto aiuto e strumenti che supportino gli interventi domiciliari.

Sabato 21 marzo dedicheremo un seminario gratuito al tema Conoscere e Prevenire Le Demenze. La partecipazione è libera ma è necessario prenotarsi inviando una mail a info@centropsicologiamonterotondo.com oppure chiamando il numero 366/1730510. 

Separazione e figli: la consulenza tecnica d’ufficio nell’affidamento del minore

separazione e figliSeparazione e figli, una circostanza tanto frequente quanto delicata. In situazioni di non-convivenza dei genitori, l’affidamento dei figli definisce come ripartire ed esercitare la responsabilità genitoriale sui figli minorenni.

Il punto fermo in caso di separazione/divorzio è che il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore. Ha il diritto di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi. Ha il diritto di conservare i rapporti significativi con i propri parenti di ciascun ramo genitoriale.

Un affidamento dei figli che preservi i rapporti

È utile precisare che “bigenitorialità” non significa trascorrere uguale tempo con entrambi i genitori. Bigenitorialità significa partecipazione attiva da parte di entrambi i genitori nel progetto educativo, di crescita, di assistenza della prole, in modo da creare un rapporto equilibrato che in nessun modo risenta dell’evento della separazione.

In caso di situazioni pregiudizievoli, o quando manca l’accordo trai genitori, l’affidamento dei figli dovrà essere deciso dal giudice. L’affidamento condiviso è considerato la regola, mentre l’affidamento esclusivo alla madre o al padre richiede una motivazione specifica nel provvedimento giurisdizionale.

Ma quando una separazione può definirsi rischiosa? Nel caso in cui, ad esempio, un genitore non accetti e non tolleri la fine del rapporto di coppia, per complesse dinamiche personologiche disfunzionali. Oppure in situazioni di elevata incomunicabilità e clima relazionale altamente conflittuale. Tali condizioni, infatti, non possono assicurare una serena ed equilibrata crescita ai minori coinvolti.

Separazione e figli: quando serve una consulenza

La separazione conflittuale quindi rappresenta un fattore di rischio sia per la salute psicofisica dei minori sia per la qualità stessa delle relazioni familiari. La consulenza diventa così uno spazio per individuare le soluzioni più idonee alla risoluzione del conflitto. Tra gli obiettivi principali, oltre che rispondere ai quesiti posti dal Magistrato, c’è quello di “insegnare” ai genitori la possibilità di una diversa lettura della situazione conflittuale in atto, stimolando una loro collaborazione, al momento compromessa.

Durante i colloqui individuali spesso infatti i dati anamnestici forniti da entrambi per lo più sono coincidenti. Eppure risultano divergenti per una diversa lettura degli stessi che viene fatta dalle parti. E nel percorso della consulenza spesso non emerge un divieto ostativo di un genitore in favore dell’altro, ma piuttosto l’esacerbazione di un conflitto con messa in atto di squalifiche del ruolo dell’altro, o tra le parti.

Gli psicologi del Centro Psicologia Monterotondo, forti della propria esperienza di supporto psicologico e di consulenza tecnica in queste situazioni, cercheranno di portare chiarezza sul tema nel Seminario gratuito di sabato 1° febbraio 2020. L’incontro avrà luogo presso la sede del Centro Psicologia Monterotondo in via G. Mameli, 23. Come sempre la partecipazione è GRATUITA ma è necessario prenotarsi alla mail info@psicologiamonterotondo.com o al numero 366-1730510.

Violenza nella coppia e dinamiche di potere nelle relazioni LGBTQI+

Violenza nella coppia LGBT | Centro Psicologia Monterotondo

Sul tema della violenza nella coppia all’interno delle coppie LGBTQI, nella letteratura scientifica degli ultimi vent’anni esistono studi lacunosi e parziali.

Anzitutto, occorre distinguere due concetti spesso correlati ma indipendenti:

la Intimate Private Violence identifica la violenza nella coppia, dalla violenza verbale e psicologica, ai maltrattamenti fino ad arrivare alle percosse.

La Intimate Partner Sexual Violence indica invece l’abuso sessuale che si verifica all’interno di una coppia.

Studi su violenza nella coppia e abusi

I dati della letteratura scientifica statunitense coprono circa un ventennio di ricerche fino al 2015. Se consideriamo chi ha subito nella vita almeno un episodio di violenza domestica o di abuso sessuale, nella popolazione LGBT la prevalenza è maggiore che nella popolazione eterosessuale ed è originata sia da uomini sia da donne.

In Italia, la ricerca in merito è quasi inesistente. Soltanto nel 2011, ArciLesbica Roma e D.i.Re. (Donne in rete contro la violenza) hanno condotto una piccola ma significativa ricerca su 102 donne omosessuali nella Regione Lazio, intitolata “La violenza ha mille volti, anche arcobaleno”.

Dalla ricerca è emerso che una donna su cinque ha ammesso di avere paura del ritorno a casa della propria partner. Al campione è stato chiesto come si comporterebbe in caso di violenza domestica. Il 70,6% ha dichiarato che si rivolgerebbe ad amici o associazioni; il 29,4% non ha saputo indicare a chi chiederebbe aiuto. E’ emerso inoltre un dato allarmante: 27 donne su 102 hanno dichiarato che non chiederebbero aiuto in caso di violenza, per riservatezza o disagio.

Allo stato attuale, molte realtà associative che si occupano di violenza sulle donne non solo non riportano dati sulla violenza same-sex, ma quasi sempre non accennano al fenomeno.

Caratteristiche del fenomeno e luoghi comuni inesatti

Il fenomeno della violenza nelle coppie LGBTQI+ assume caratteristiche specifiche che forniscono spunti ulteriori su alcuni meccanismi della violenza domestica che operano anche nelle coppie eterosessuali.

Anzitutto, bisogna partire dal presupposto che la violenza domestica nelle coppie LGBT avviene sempre nel contesto dell’omofobia interiorizzata. Si tratta del fenomeno per cui una persona LGBT attiva contro se stesso atteggiamenti omofobi, arrivando a vivere sentimenti di inadeguatezza, colpa e vergogna. Violenza domestica e omofobia interiorizzata si potenziano a vicenda, alimentando il senso di colpa e la vergogna, che ostacolano il ricorso alla denuncia.

Sono presenti dei falsi miti circa questa realtà (Brown e Chan) ovvero:

  • solo le donne possono essere vittime e solo gli uomini possono essere aggressori;

  • il maltrattamento tra partner dello stesso sesso biologico non è grave tanto quanto quello di un uomo su una donna;

  • le donne non sono violente;

  • la violenza nelle relazioni omosessuali è reciproca;

  • quando una coppia omosessuale litiga, non è mai violenza, ma si tratta di bisticci d’amore;

  • l’autore dell’aggressione è sempre il partner più mascolino, mentre la vittima è sempre il partner più femminilizzato.

La violenza domestica all’interno delle coppie lesbiche assume specificità che mostrano quanto il problema della violenza nella coppia non sia tanto legato al sesso biologico dell’aggressore, quando alle dinamiche di potere operanti nella relazione.

Giochi di potere all’origine della violenza nella coppia

Spesso la violenza si manifesta sotto forma di attacchi all’identità di genere o all’orientamento (non sei una vera lesbica se …”): la vittima viene minata nel suo senso di identità e i suoi vissuti di omofobia interiorizzata vengono potenziati.

Altre volte, la violenza si esercita sotto forma di minaccia di outing, ovvero di rivelare l’orientamento sessuale della partner o del partner ai familiari, ai colleghi, agli amici, potenziando la paura che questi possa mettere in atto comportamenti di rifiuto aggressivo o di abbandono.

Al contrario, la violenza può esercitarsi sotto forma di invisibilizzazione della relazione, cioè costringere la partner a mantenere un comportamento pubblico che neghi la relazione di coppia, talvolta fino al punto di vietare di “lasciare traccia” della propria presenza persino nella casa coniugale.

La letteratura riporta anche una pericolosa identificazione tra partner nel caso della violenza domestica nelle coppie lesbiche. Nello specifico, spesso si verificano ricatti emotivi nella veste di minacce di autolesionismo. Oppure meccanismi manipolatori di autovittimizzazione (“tu mi dovresti capire”) per cui la vittima viene indotta a pensare di non essere empatica se pensa di denunciare il proprio aggressore.

Merita un ultimo riferimento il fatto che il contesto di omofobia sociale e interiorizzata in cui vivono le coppie LGBT spesso ostacola la denuncia, per tre fattori: la denuncia obbliga al disvelamento del proprio orientamento sessuale; si accompagna spesso a una scarsa fiducia delle persone LGBT verso le forze dell’ordine; in Italia, allo stato attuale, manca una assistenza specificamente formata.

Questa carenza è nota alle persone LGBT che quindi, prima di denunciare, spesso costruiscono la fantasia di un contesto poco accogliente, poco in grado di capire il fenomeno e potenzialmente omofobo.

Ph Felipe Balduino, Pexels

Costellazioni Familiari: dalla comprensione alla rigenerazione

Costellazioni Familiari Centro Psicologia Monterotondo

Ciascuno di noi fa parte di una famiglia con cui vive e a cui è legato, che lo voglia o meno. Spesso continuiamo a ripetere conflitti e malesseri nelle nostre esperienze, oppure portiamo sulle spalle pesi che non ci appartengono. O anche, viviamo a nostra insaputa il tragico destino di un familiare, scomparso da tanto tempo e mai conosciuto. Tutte queste dinamiche ci legano in modo negativo alla famiglia, impedendoci di guardare in avanti con forza gioiosa e di avere successo nella nostra vita.  (Bert Hellinger)

Scoperte che ci mettono in moto

Le costellazioni familiari sono un potente metodo per riconoscere gli intrecci e i collegamenti presenti nella propria famiglia di origine o nella propria famiglia attuale. Serve a orientarsi verso una soluzione per giungere a una profonda e definitiva comprensione della nostra storia familiare. Si ricontattano radici profonde spesso dimenticate, omesse o rifiutate che condizionano i nostri comportamenti, reazioni, eccetera.

Ci muoviamo verso l’accoglimento di quello che si è ricevuto in quanto figli: per come è, senza giudizio, ancoraggi al passato e rivendicazioni; e per come può essere, ovvero un dono elargito esclusivamente in base a ciò che i nostri antenati e genitori hanno ricevuto. Si riceve nel bene e nel male. Infatti molte volte tale sistema ci conduce all’accettazione e alla gratitudine esclusivamente per il fatto di essere al mondo e di aver ricevuto in dono la Vita. Solo la comprensione può consentire all’amore di fluire nuovamente mettendo finalmente in collegamento i membri del proprio sistema familiare.

I presupposti teorici delle Costellazioni Familiari

Il metodo delle Costellazioni fu sviluppato per la prima volta dal terapeuta tedesco Bert Hellinger. Egli vide chiaramente come l’individuo fosse parte di un insieme più grande, il sistema familiare o albero genealogico. L’individuo poteva essere accompagnato a vedere come i suoi comportamenti, sentimenti e atteggiamenti individuali dovessero essere compresi nel contesto di questo gruppo più ampio.

Esistono in ogni sistema familiare leggi inconsce che operano inconsapevolmente, che Hellinger sistematizza in tre grandi ordini: Appartenenza, Equilibrio e Ordine. La sofferenza di solito sorge quando un membro della famiglia viola inconsapevolmente queste leggi arcaiche. Si evidenziano, pertanto, dei blocchi, degli “irretimenti” che producono uno stallo del sistema. Il sistema non può evolvere se non riproducendo un meccanismo, vecchio, automatico, che agisce senza troppa consapevolezza. Ci si allora trova in uno stato di “presunta impossibilità”. Ci sentiamo tirati verso il basso, con un calo di energie, creative, fisiche; un blocco che si manifesta nei diversi contesti dell’agire quotidiano, famiglia, coppia, lavoro, amicizie.

Lo svolgimento pratico di una sessione di Costellazioni Familiari

Il mettere in evidenza queste violazioni è la finalità delle costellazioni familiari. Chi mette in scena la sua costellazione usa il gruppo per evidenziare le violazioni. Il costellante sceglie tra i partecipanti del gruppo delle persone che rivestano il ruolo di rappresentanti della propria famiglia. Li posiziona nella stanza in relazione tra loro in base al suo sentire del momento. In questo modo si crea un modello vivente del sistema familiare.

I rappresentanti sono liberi di muoversi e di dire quello che sentono essendo entranti in sincronicità con chi stanno rappresentando. Questo accade perché esiste un potente campo energetico che guida i movimenti dei rappresentanti e consente loro di avere accesso a tutte le informazioni essenziali del campo sistemico. Le costellazioni sono solitamente svolte con un gruppo di persone, in cui i membri del gruppo svolgono il ruolo di rappresentanti. Tuttavia, il metodo funziona anche in sessioni individuali in cui è possibile attraverso la lettura del proprio albero genealogico avere consapevolezza dei blocchi e dei cortocircuiti del proprio sistema.

Dalla comprensione alla rigenerazione: una chiarezza che ci “cura”

Questo lavoro scopre in modo reale qualsiasi dinamismo familiare distruttivo che potrebbe essere inconsciamente presente. Bisogna però ribadire qualcosa di fondamentale. Le costellazioni familiari non si limitano solamente a sciogliere quegli intrecci familiari bloccanti e depotenzianti per la persona, ma principalmente attivano potenti movimenti di rigenerazione e scoperta.

Finalmente si può trovare un nuovo equilibrio più naturale e salutare per l’intero sistema , in cui l’amore tra i suoi membri può fluire di nuovo e in modo più consapevole. Promuovendo il sostegno e la facilitazione piuttosto che l’impossibilità o il pericolo. Cosa fa in tutto questo il costellatore? Il costellatore ci fa capire le leggi collettive inconsce che operano all’interno di un sistema familiare. Ci aiuta a sintonizzarci con leggi superiori che ci portano oltre la famiglia personale e individuale, e ci mette in contatto con un’altra dimensione, in cui tutti noi siamo una cosa sola. Questo ha un immediato effetto curativo non solo su di noi, ma su tutti quelli che ci sono vicini. Capire ci permette di rigenerarci.

Accendete i motori: … ADOLESCENZA in arrivo!!

AdolescenzaMamma e papà, siete pronti??? …accendete i motori: l’adolescenza è arrivata!!!

Se leggessimo sul dizionario il significato di “adolescenza” troveremmo: “Fase della crescita dell’essere umano collocabile tra i 12-14 e i 18-20 anni, caratterizzata da una serie di modificazioni fisiche e psicologiche che introducono all’età adulta”.

A quanti genitori tale definizione piace e, soprattutto, chiarisce effettivamente cosa sta “accadendo” al proprio figlio, come ci si deve relazionare, cosa ci si deve aspettare, come possono intervenire?

Adolescenza e cambiamenti

La vita sui testi, spesso, è altro rispetto alla quotidianità che fluisce all’interno delle quattro mura. Qui sguardi, parole, gesti, comportamenti e atteggiamenti costruiscono, dal primo momento, quella fitta relazione che in qualche modo legherà per sempre gli appartenenti al nucleo familiare.

Quando un bimbo arriva in famiglia, mamma e papà investono energie, tempo e spazi. La coppia diventa improvvisamente “coppia genitoriale e la storia familiare si arricchisce della presenza di una terza generazione. Si innesca un’evoluzione personale e si crea un momento particolare della vita di coppia. Il bambino cresce, racconta, descrive, riporta eventi e rende partecipi anche dei più piccoli dettagli i genitori disponibili.

Ma poi, eccoci, arrivano i 12/13 anni, mamma e papà assistono all’inesorabile trasformazione del loro figlio sia da un punto di vista fisico che psicologico. Cambia il peso, la corporatura, l’altezza e il timbro di voce. Il corpo è sconvolto da una vera e propria tempesta ormonale, e si raggiunge la fertilità. I ragazzi devono fare i conti con i “brufoli”, i tratti somatici si modificano. Iniziano ad accennarsi i caratteri sessuali secondari: crescita di peli e barba nell’uomo, mentre nella donna i fianchi si allargano e si sviluppa il seno. Maturano anche gli organi sessuali esterni ed interni, nelle ragazze vi è una “scoperta” importante ovvero il menarca. A livello sociale si accentuano le modificazioni di genere tra sesso maschile e femminile.

Distanza e contrasti

Tutto è sottoposto a una grande rivoluzione: il cervello, il corpo, le sensazioni, le idee e curiosità. Questi enormi cambiamenti si sono verificati anche in altri momenti della vita: quando si è appena nati e attorno ai cinque-sei anni. Il cervello si ristruttura, “si cambia carattere” e si acquisiscono nuove capacità: potere decisionale, capacità di pianificare, motivazione all’agire, nuovi valori e nuove capacità di relazionarsi con le altre persone.

Ed ecco il divario che piano piano si fa largo tra mamma, papà e Adolescente. Diari segreti, messaggi cancellati, telefonini criptati da password “segrete”, cronologie internet eliminate, conversazioni whatsapp che sarebbero in grado in mandare in tilt i più sofisticati pc della Nasa. Una dura lotta per contrattare le ore in cui si può utilizzare la play, xbox, il cellulare, in cui si può rientrare a casa o con chi si può o non può uscire. Si negozia su tutto, i genitori più creativi inventano escamotage per nascondere la pass del wifi, o per far finire i compiti o chissà per quale altro sano motivo.

Se durante l’infanzia si bramava un momento di silenzio in casa, magari dopo una lunga giornata di lavoro, in questa fase si rimpiange quando il proprio figlio raccontava a cascata fatti ed eventi verificatesi. I dialoghi sono sempre più rari e soprattutto ridotti a pochi monosillabi che l’adolescente “regala” ai genitori i quali provano sempre più emozioni forti e assolutamente contrastanti. Paura, gioia, smarrimento, rabbia e chissà quale altra emozione attanaglia il genitore consapevole di un ribelle!

La parola ai genitori!

Ma per non rimanere fermi nella retorica che possiamo rintracciare in numerosissime pagine stampate, noi psicologi del Centro Psicologia Monterotondo abbiamo coinvolto la mamma di un ragazzo che si affaccia ora alla fase tanta temuta. Riportiamo fedelmente quanto ci ha confidato:

“L’adolescenza di un figlio, per un genitore, è paragonabile all’attraversamento quotidiano di un “campo minato” dove, se disgraziatamente metti un piede in fallo…..scoppia la bomba! E tale bomba può “deflagrare” anche più volte al giorno con effetti devastanti sull’equilibrio psichico dei poveri genitori! Quella che prima era una “passeggiata tranquilla” si trasforma, in questa fase, in un campo di battaglia. Il motivo del contendere può essere semplicemente…..ogni cosa! Faccio degli esempi “amore, per favore, mi prendi lo zucchero?” risposta del figlio adolescente “e perché proprio io? Non può prenderlo mia sorella? Puoi prendertelo da sola? Non puoi fare senza?” tutto questo ovviamente mentre è sdraiato sul divano la 12° ora di musica dal cellulare!

Altro esempio:”tesoro cosa hai fatto a scuola?” risposta dell’adolescente “niente, lo sai che non si fa niente. E poi lo sai che la prof ……..”. ogni occasione è buona, anzi ottima, per protestare, lagnarsi, polemizzare, indignarsi. Ecco… la sintesi dell’adolescenza secondo me è “polemica a priori!”. Se lo ignori non va bene perché dice “a mà! Non mi ascolti, poi non dire che non ti parlo”, se lo solleciti “a mà, mi stressi”, se cerchi di dare un suggerimento “a mà, la vita è la mia devo fare io!”, se lo coccoli “a mà, scollate!”, se non lo coccoli “non mi vuoi più bene”. L’adolescenza dei figli è, in sintesi, la tensione continua e costante a mettere in crisi i genitori e le loro poche certezze. E chi, come me, qualche anno fa vedendo gli altri figli in “opposizione da adolescenza” ha pensato che a lei/lui non potesse accadere …. Ah ah ah ah…..succederà, succederà! Abbiate fede, succederà!!!”

Per saperne di più

La mamma che gentilmente si è prestata alle nostre domande, delinea un quadro esaustivo, veritiero e quanto mai ricco di ciò che accade in una famiglia quando un teenager conduce il primo vagone del trenino sulle montagne russe. Cellulari, sbalzi d’umore, rabbia, voglia di indipendenza, voglia di rimanere piccolo, confusione e chi più ne ha più ne metta!

Con questo spunto congiunto ad una riflessione che da tempo abbiamo fatto in equipe, il Centro Psicologia Monterotondo invita, a un evento dedicato all’adolescenza, tutti coloro che vogliono condividere, sbirciare da vicino, saperne di più, provare sulla propria pelle il colorato, vorticoso, esaltante mondo dell’adolescente che corre a perdifiato verso l’età adulta. Il seminario del 13 Aprile 2019 sarà condotto da due psicologi psicoterapeuti e dalla psichiatra del Centro Psicologia Monterotondo e si articolerà in più momenti che avranno come filo conduttore l’universo adolescenziale, le dipendenze dai video giochi e alcuni delle maggiori patologie.